Il sistema della giustizia italiana analizzato nelle sue luci e nelle sue ombre.  Questo lo scopo di “Processo all’italiana”, presentato nella serata di ieri a Piazzetta S. Domenico da uno degli autori, Leo Sisti, insieme al magistrato Armando Spataro.

Un libro, come fa notare il magistrato, accessibile anche a chi non ha un’elevata conoscenza giuridica e si trova spesso ad affrontare il linguaggio ricco di tecnicismi legali dei quotidiani. Un sistema giudiziario, quello italiano, che costa al paese la collocazione al 158° posto nella classifica Doing Buisness per una perdita economica e di investimenti pari all’1% del PIL nazionale.

Larga parte del libro è dedicata al confronto con il sistema giuridico degli altri paesi europei rispetto ai quali la giustizia italica risulta appesantita dal ricorso in appello automatico e dall’assenza di istituti come i Justice for peace che smaltiscano gratuitamente il numero di processi da far arrivare agli ultimi gradi di giudizio. Auspiacabile, secondo i relatori, una  depenalizzazione di reati assurdi e di minore importanza. Tempi processuali eccessivamente lunghi in contravvenzione con i tempi ragionevoli stabiliti dalla Costituzione e dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo (CEDU) e un numero di avvocati che nella sola capitale è superiore a quello dell’intera Francia per i quali secondo Sisti sarebbe auspicabile limitare l’accesso alla professione attraverso esami più rigorosi.

Una magistratura e la giustizia che nelle parole di Spataro non si sente però immune da responsabilità; è lo stesso Spataro infatti a ricordare che vi sono magistrati che hanno il fiato della politica sul collo ma ce ne sono anche molti che ricoprono il proprio ruolo a schiena dritta.