È un fiume in piena Oliviero Beha e non poteva certo essere altrimenti conoscendo la vis polemica del personaggio. Il suo “Il culo e lo stivale” è un libro che, per stessa ammissione dell’autore, è “pieno di cazzotti, perché pensando di scrivere ciò che ritengo giusto per il bene dell’Italia, ho cercato di dare un calcio al silenzio”.

Il silenzio su quel “festival di mafie infinito che è diventato il nostro Paese”, secondo la definizione del giornalista de L’Espresso Riccardo Bocca, che ha incalzato Beha lungo un percorso che non ha risparmiato cazzotti metaforici per nessuno. L’attuale conduttore di Brontolo su Rai3 ne ha per tutti, a cominciare proprio dagli stessi italiani che definisce “antropologicamente mafiosi”. “Questo è un paese che non ha voglia di ragionare con la propria testa – sentenzia Beha –. Se l’Italia non fosse stata guasta già prima dell’avvento del ventennio berlusconiano, non avrebbe mai prodotto un personaggio come Silvio Berlusconi. L’ex premier è allo stesso tempo padre e figlio del berlusconismo e in questa sua ascesa è stato aiutato anche dai suoi sedicenti oppositori, che in realtà hanno sempre voluto essere come lui. Se esiste un aspetto positivo della crisi – aggiunge ancora – è quello di aver messo un dito all’interno della bolla che ha contenuto questo Paese per 15 anni”.

La disamina di Beha tocca diversi aspetti della storia patria, a cominciare dal cambiamento da Paese agricolo a industriale avvenuto subito dopo la Seconda Guerra Mondiale che, secondo l’autore, sarebbe stato troppo repentino, tanto da causare “cambiali che stiamo pagando ancora oggi”. “In un paese senza memoria – conclude l’autore – non ci può essere né identità né senso del futuro. E in questa mancanza di identità nello Stato si inserisce quella mafiosa”.