21 giugno  2017 – Piazzetta San Domenico

Il monito del Presidente della II sezione penale presso la Corte Suprema di Cassazione Piercamillo Davigo: «Forse questo paese guarirà dal ‘malaffare’».

In piazzetta San Domenico al festival dei libri sulle mafie è la volta del ʺmanettaroʺ così soprannominato Piercamillo Davigo – presidente della II sezione penale presso la Corte Suprema di Cassazione ed ex leader dell’Associazione nazionale magistrati – che si discosta da questo appellativo poiché coniato a suo avviso da “chi ruba”, preferendo al suo posto l’espressione ‘’cane da guardia’’ metafora del mestiere dei magistrati e delle forze di polizia che ʺabbaianoʺ in presenza dei ladri a difesa del popolo.

Il punto focale della presentazione del libro “L’Italia del malaffare” è stata una breve e lucida riflessione sul fenomeno criminale della corruzione che ha condotto il dibattito all’amara riflessione sull’efficacia dell’attuale attività legislativa in merito. Un esempio lampante riguarda le sentenze di condanna per i reati di corruzione nel distretto di Reggio Calabria, che negli ultimi 20 anni sono state soltanto 2. A tal proposito afferma Davigo: «il fatto che non ci siano condanne non vuol dire che non ci sia corruzione, in Italia, infatti, vengono promulgate leggi ad hoc per arrivare facilmente all’assoluzione».

La stasi del Paese è da ricondurre, secondo il presidente, anche al fatto che “con la corruzione non si riesca a costruire… le mafie uccidono, la corruzione sembra una “cosa più blanda” ma uccide ugualmente”.

Dal punto di vista giuridico la corruzione è un reato difficile da scoprire, secondo il magistrato Davigo, in primo luogo perché è un’attività seriale: chi si corrompe una volta facilmente lo farà una seconda. Inoltre può manifestarsi attraverso varie forme, ad esempio con l’uso o lo scambio illecito di denaro oppure con il clientelismo. Per Davigo «C’è uno strumento per accertare questo reato. E sono le intercettazioni. La Cassazione ha detto che si possono fare solo per la criminalità organizzata e solo se rientrano nell’attività criminale. Ma il crimine organizzato non sono soltanto le mafie» ha concluso Davigo in una presentazione che ha incasellato ogni termine ogni vocabolo nella sua casella. Incastonate le parole come delle pietre preziose in ogni frase.

Il magistrato, in chiusura, asserisce che i giovani hanno il solo compito ‘’di fare al meglio delle loro possibilità quello che gli è toccato in sorte di fare’’ e, quindi, di sfruttare le potenzialità senza essere mediocri, cercando di dare il massimo in tutto e “forse questo paese guarirà”.