«Chi  sono  i  banditi?  Criminali  comuni,  assassini,  ladri,  disperati.  E  ancora:  nobili  decaduti,  artigiani,  contadini,  giovani  ribelli  che  non  accettano  il  giogo  attorno  al  collo,  sia  quando  viene  da  un  aristocratico  del  luogo  sia  quando  arriva  da  un  invasore  straniero».

La  loro  presenza  causa  incertezza  nelle  strade,  difficoltà  nelle  comunicazioni,  violenza  diffusa.  E  tuttavia,  quando  c’è  aria  di  mutamenti  di  regime  essi  rappresentano  un’opportunità  per  ipotenti  che  li  utilizzano  contro  i  propri  nemici.Il  libro  offre  un  ampio  affresco  della  reazione  ai  fenomeni  di  banditismo  dagli  albori  dell’età  moderna  fino  alla  repressione  messa  in  atto  nei  primi  decenni  dell’Italia  Unita.  Emerge  un  quadro  complesso  che  vede  al  centro  questioni  sociali  legate  alla  terra.  La  lotta  del  regno  sabaudo  contro  il  brigantaggio  propriamente  detto  è  quindi  solo  l’ultimo  capitolo  di  una  secolare  storia  di  sanguinose  repressioni,  in  cui  i  poteri  statali  che  si  sono  via  via  avvicendati  non  sono  stati  in  grado  di  trovare  altra  risposta  che  non  fosse  il  sangue.  Certo,  è  soprattutto  in  uno  stato  che  si  definisce  liberale  che  colpisce  la  delega  assoluta  concessa  ai  militari  che  governano  con  leggi  eccezionali,  stati  d’assedio  e  tribunali  militari.  Ma  Enzo  Ciconte  ci  ricorda  che  quanto  è  accaduto  nel  Mezzogiorno  non  può  essere  attribuito  alla  responsabilità  dei  soli  piemontesi:  le  truppe  venute  dal  Nord  sono  state  aiutate  con  le  armi  da  tanti  meridionali  espressione  di  una  borghesia  in  ascesa.

 

 

 

Il libro

Pagina tratta da: La grande mattanza. Storia della guerra al brigantaggio

Autori: Enzo Ciconte

Editore: Laterza