Il tramonto dell’Antimafia? I rischi connessi alla costruzione di falsi miti e alla propaganda populista

L’antimafia incastrata tra i tecnicismi della giurisprudenza, i rischi dettati dalla mitizzazione di personaggi ambigui. Sono questi gli estremi attraverso i quali si muove il dibattito diretto da Francesco D’Ayala – del GR Rai -, tra Costantino Visconti – professore ordinario di Diritto penale nell’Università di Palermo e autore di “La mafia è dappertutto”. Falso! e Francesco Forgione, giornalista ed ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia, autore di I tragediatori. La fine dell’antimafia e il crollo dei suoi miti, libri entrambi presentati a Trame 7.

Visconti, da puro giurista, spiega attraverso i tecnicismi del sistema penale, come la tutela di alcuni diritti fondamentali cristallizzati nella Costituzione, si possa scontrare con quelle che il popolo, in situazioni di dubbia eticità, identifica come ingiustizie. È il caso, ad esempio, dell’assoluzione del prete che celebrava messa nel covo di un boss latitante. Ebbene, il diritto di professare il proprio culto si esplica a prescindere dall’essere un pregiudicato, un latitante o un indagato. Questa assoluzione, che il popolo forcaiolo inquadra come ingiustizia, processualmente è solo piena tutela di un diritto. Visconti crede e auspica in una società che resiste, capace di debellare la «malattia endemica che è dappertutto», una società in cui questa rete pervasiva può essere annientata dal «braccio dell’antimafia come questione dei cittadini».

Forgione esordisce con una riflessione sulla perdita e sull’evanescenza delle ideologie. «Lo schierarmi a prescindere non mi impedisce di riflettere. Il fenomeno della mitizzazione delle icone dell’antimafia smantellate da inchieste giudiziarie e giornalistiche, avviene quando, ad esempio, paradossalmente un “personaggio noto per la lotta alla mafia” si ritrova a commettere il reato di estorsione, laddove gli imprenditori pagavano per il timore del paventato discredito». In questo discorso si innesta – secondo Forgione- anche il ruolo della magistratura, che esercita una funzione etica che la carta costituzione non le ha attribuito, arrogandosi il ruolo di guardia della politica. «Il momento dell’antimafia è stato schiacciato dentro la spettacolarizzazione della costruzione di falsi miti e amplificandoli ha snaturato il fenomeno della lotta». Aggiunge che: «La stessa comunicazione di stampo populista è da evitare, perché quando i processi si svolgono in tv si rischia di arrivare a condanne senza un quadro probatorio dettato dal codice e gli operatori di giustizia finiscono con il deformare la percezione dell’azione giudiziaria, a discapito delle garanzie del sistema italiano».