È un crescendo costante che tocca l’apice nel finire delle letture. Luigi Lo Cascio incanta la platea di Lamezia Terme a Trame, il festival dei libri sulle mafie. Si affida alle parole di Giuseppe Fava, che definisce uno dei più grandi giornalisti e gli rende omaggio interpretando teatralmente l’articolo “Processo alla Sicilia”.

Poi rende omaggio a un altro grande giornalista a cui è dedicata la quinta edizione della rassegna, Giancarlo Siani. Lo Cascio emoziona e si emoziona. Per recitare l’ultimo articolo scritto da Siani, il 22 settembre 1985, il giorno prima di essere assassinato, Lo Cascio si toglie la giacca e diventa un corpo unico con il pubblico. La sintonia con i suoi spettatori adesso è totale e lui si lascia andare a racconti personali – lo ha dichiarato – sul personaggio siciliano a cui spesso, lui stesso siciliano, viene associato: il protagonista dei Cento Passi. “Peppino Impastato non mi lascia mai” ha detto Lo Cascio. “È una presenza viva e costante. È vivo anche il ricordo del film. C’è qualcosa di quel personaggio che mi riguarda personalmente. La famiglia è ancora in cerca di riscatto… hanno tentato di farlo passare per un attentatore maldestro. Come attore non mi sono preoccupato nell’interpretare il personaggio, perché Peppino non era entrato a far parte dell’immaginario collettivo. Non era come interpretare personaggi più noti come, non so…magari, Moro. Avevo la libertà di non dover aderire perfettamente a un personaggio già conosciuto da tutti”. Poi dal Peppino in prima linea nel combattere la mafia che aveva in casa, Luigi Lo Cascio regala ai cittadini accorsi a vederlo alcuni aneddoti vissuti sul set. “Mentre stavamo girando, si avvicinò un tipo e mi chiese in dialetto siciliano di mostrargli le mei mani. Io lo feci. Lui le scrutò e disse che Peppino io non lo avrei potuto fare. E perché? Perché Peppino si mangiava le unghie. Le mie invece sono perfette”.

 

Ma non ci sono solo quelli divertenti. Gli aneddoti di Lo Cascio riguardano anche gli aspetti più intimi di quel che era rimasto della famiglia Impastato. “Quando incontrai il fratello Giovanni, parlammo di Peppino e Giovanni rimase per tutto il tempo a testa bassa. Non mi guardò mai. Dopo mi spiegò che non riusciva ad alzare lo sguardo su di me, perché gli faceva impressione che io interpretassi il fratello. E mi mise sull’avviso riguardo la madre, la signora Felicita. Giovanni mi disse di non dire alla madre che io avrei interpretato Peppino, perché lei voleva a tutti i costi che quel ruolo fosse affidato allo scenografo che gli somigliava fisicamente. Feci di tutto per conquistarla e alla fine mi disse: ‘di faccia non ci assomigli, ma il corpicino è come il suo. Il corpo per me è importante perché io non l’ho potuto seppellire’. Ecco, io ho cercato nel film di trasmettere tutto ciò che l’incontro con questa madre mi aveva dato”.