«Per fare anticamorra è necessario fare buona amministrazione». È questa la “modernità” di Marcello Torre, il sindaco perbene di Pagani ucciso dalla camorra nel 1980 per la sua ferma e aperta opposizione alle infiltrazioni nelle procedure di assegnazione degli appalti dopo la tragedia del terribile terremoto che colpì la zona centrale della Campania. A sostenerlo è Marcello Ravveduto, docente di Storia contemporanea all’Università di Salerno, nel suo libro Il sindaco gentile. Gli appalti, la camorra e un uomo onesto. La storia di Marcello Torre.

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Marcello Ravveduto

Il volume di Ravveduto è stato presentato nella terza giornata di Trame in un incontro a Palazzo Nicotera moderato dalla giornalista Alessia Truzzolillo, firma del Corriere della Calabria.

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Alessia Truzzolillo

Incontro a cui ha partecipato anche la docente lametina di Filosofia Miriam Rocca, che ha ricostruito con dovizia di particolari il contesto in cui ha vissuto e operato il sindaco Torre: «Nell’Agro nocerino-sarnese, la Democrazia cristiana, il primo partito dal dopoguerra, inizia a perdere consenso, e ha bisogno di un bacino di voti sicuro. Lo trova nella camorra, che diventerà così organizzata. Quindi, la cattiva politica è alla ricerca di voti, e la camorra ha tutto l’interesse che un determinato politico vada al potere. Questo significa sicurezza nelle gare d’appalto e agevolazioni sugli affitti. Ma Torre è differente. La sua carriera politica è nella Dc, ma ne prende le distanze, pagando però con la vita».

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Miriam Rocca

E la diversità di Torre è rimarcata da Ravveduto: «Torre esce dal sistema della Dc, criticandolo fortemente. I due pilastri della sua attività di avvocato, per la quale subì molte opinioni pregiudiziali, erano il Vangelo e la Costituzione. Torre manifestava un’umana vicinanza a tutti i suoi assistiti. Non solo. Si adoperò di persona per soccorrere le vittime del terremoto. Con le sue mani spostò pietre e lamiere. Torre aveva uno slogan in testa: restare per cambiare. Un’illusione che gli costerà caro». Torre, insomma, era fatto di un’altra pasta rispetto ai politici dell’epoca, come ha sottolineato Ravveduto: «Il sindaco era un borghese della zona grigia, che però non ha ceduto alle tentazioni tipiche di quell’ambiente».

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