Il racconto di un’anima nera del sud

Opera complessa quella di Omar Di Monopoli, che nel suo ultimo libro “Nella perfida terra di Dio” disegna la storia della sua Puglia con un pennello. Suggestioni visive, luoghi fittizi in cui si animano diversi personaggi che raccontano una terra meravigliosa. Personaggi che, eccezionalmente, rappresentano la marginalità, legati così tanto alle loro tradizioni da difenderle a costo della vita, come l’uomo che si batte per la sua “catapecchia” con la lupara. «Un attaccamento alla tradizione che rischia di sfociare in diffidenza verso tutto ciò che è nuovo e questo è l’unico dato che deve essere superato». Compito dei sociologi e dei politici intervenire. Perché- dice- questa realtà non deve essere necessariamente repressa ma conosciuta. Volontà dell’autore è, infatti, accendere i riflettori su una terra edulcorata dai recenti sviluppi turistici, “sollevare il tappeto per far vedere ciò che vi è sotto” perché il compito dell’arte, in tutte le sue sfaccettature, è quello di descrivere ciò che ci circonda in modo da sollevare quesiti e interrogativi.
Gli attori del romanzo sono abietti, grotteschi, ignoranti perché rappresentano la realtà: violenza e macabra brutalità che sono «la sintesi di ogni rapporto umano». Una visione cruda, cinica e buia che cambia forma nel finale volutamente ambiguo dove è possibile intravedere un barlume di speranza, seppur flebile. Piccoli gesti di nobiltà e umanità che l’uomo a volte dimostra di poter fare e che acquistano un valore determinante in un contesto come quello che emerge dal racconto dall’autore tale da desiderare un ritorno al sud, nella terra natia