Giovanni Impastato racconta il fratello Peppino “Oltre i cento passi”

«Se questa è mafia, io per tutta la vita mi batterò contro». Un incipit, una rottura, un’evoluzione nel pensiero, quella di Peppino Impastato, che – ancora giovane – assiste alla morte dello zio per mano della criminalità organizzata. E così avvenne. Un destino segnato, che lo portò a combattere e a schierarsi dalla parte opposta rispetto a quella della sua famiglia, di origine mafiosa.

I “cento passi” raccontati nel libro di Giovanni Impastato, Oltre i cento passi, edito da Piemme e presentato a Trame 7, così come quelli del film diretto da Marco Tullio Giordana e quelli della canzone dei Modena City Ramblers, rappresentano la distanza tra Peppino e Tano Badalamenti, tra vittima e carnefice. «Forse non c’era neppure bisogno di contarli, questi passi», spiega Giovanni, poiché «la mafia ce l’abbiamo in casa»: è costantemente presente e molto più vicina di quanto noi crediamo.

«Peppino fu una figura un po’ anomala, nel provare a sconfiggere le dinamiche mafiose», – racconta Giovanni Impastato – «né un magistrato, un’istituzione o un carabiniere, bensì un giovane, figlio di un mafioso». Per cui, la sua, si può definire una: «rottura storica e culturale che si instaurò già all’interno della propria famiglia».

Il cambiamento ha abbracciato tutta la famiglia Impastato : «Mio padre non è morto da mafioso», – racconta Giovanni – «ma da padre di famiglia che ha cercato in tutti i modi di difendere il figlio», così come la mamma Felicia, che – attraverso l’interdizione di vendetta -, «ha consegnato suo figlio al movimento antimafioso».

Il pensiero di Peppino riecheggia nelle parole di Giovanni Falcone: «La mafia è un fenomeno umano, e come tutti i fenomeni umani, avrà un principio e una fine». Quello che manca, secondo Giovanni Impastato, «è la volontà precisa di risolvere il problema»: finché «vi è qualcuno che la rende invincibile»., la mafia continuerà a ramificarsi.

Dai molteplici pensieri, il messaggio di Giovanni Impastato, è soprattutto rivolto ai giovani: «Bisogna riappropriarsi della percezione del proprio territorio, anche nel proprio piccolo, come il Festival Trame sta cercando di fare».