Lo studio della criminalità organizzata andando nei luoghi dove questa prende potere. Parlando con i boss nella loro stessa lingua. Bilanciare quotidianamente l’attività scientifica del ricercatore con l’impegno civile. Su questi spunti si è incentrata la conversazione dello studioso di crimine organizzato Federico Varese, intervenuto al Liceo Classico “Fiorentino” nell’ambito delle “Interviste con le storie” del progetto #Trameoff, promosso dalla Fondazione Trame in collaborazione con l’Associazione Antiracket Lamezia Onlus.

Durante l’incontro, moderato da Tiziana Bagnato, Varese ha risposto alle domande degli studenti soffermandosi su alcuni spunti personali tratti dalle sue esperienze di studio e di lavoro, come l’anno trascorso in Russia subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica e le conversazioni con i boss locali per cercare di tirar fuori informazioni utili alle sue ricerche. “E’ inevitabile che questo lavoro sia rischioso – ha chiarito Varese agli studenti – per questo occorre seguire delle regole, usare la massima cautela e andarsene quando si inizia ad avvertire il pericolo”.

Varese, rispondendo agli studenti, ha sottolineato come “le mafie possono nascere in contesti diversi e sono sempre il prodotto di strutture sociali in cui si sono verificate improvvisamente delle grandi trasformazioni. Ovunque, non solo in Italia, le mafie fanno proprie alcuni riti della religiosità locale che utilizzano come strumenti di legittimazione di se stesse”. Varese riconosce che “da parte delle gerarchie vi è stata una colpevole lentezza nel condannare l’appropriazione di certi riti religiosi da parte delle organizzazioni criminali”. Mafie sempre più moderne – ha raccontato Varese agli studenti – cosche che padroneggiano benissimo i social network e che ne fanno uno strumento di controllo e di affermazione del loro potere.