Il maxi di Palermo è il soprannome che viene dato, giornalisticamente parlando, al processo penale celebrato nel capoluogo siciliano per i crimini di Cosa Nostra tra i quali omicidi, traffici di stupefacenti, estorsioni ed associazioni mafiose. Si è trattato di un processo lungo, durato dal 10 febbraio 1986 fino al 30 gennaio 1992, ma che tuttora fa parlare. Quest’oggi, infatti, durante l’incontro serale in Piazzetta San Domenico Antonio Calabrò ha affrontato il tema sotto l’attenta coordinazione di Raffaella Calandra, giornalista di Radio24.

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Antonio Calabró

Subito si inizia parlando de I mille morti di Palermo. Uomini, denaro e vittime nella guerra di mafia che ha cambiato l’Italia, il libro scritto dallo stesso Calabrò nell’anno in cui si celebra il trentesimo anniversario del maxi processo di Palermo. È importante considerarlo come un’attenta testimonianza del ruolo dei caduti nello svolgimento del loro compito a servizio delle istituzioni e, come si evince dal sottotitolo, di quell’intreccio economico-culturale legato alle mattanze della mafia in Sicilia, culminate con le stragi del ’92.

L’incontro ha presto evidenziato che in questi giorni la Sicilia sta bruciando di roghi ma che non sono solo dettati dal caldo: si parla, infatti, di «alcuni focolai in luoghi che hanno dimostrato la presenza mafiosa, come il recente agguato nel Parco dei Nebrodi» come ha affermato Calabrò. «La mafia ha vinto e lo stato, di conseguenza, ha perso ed i roghi di certo ce lo ricordano» ha continuato sottolineando anche la notevole presenza dei forestali che, sempre più spesso, non svolgono correttamente il loro mestiere.

In un capitolo del libro l’autore ricorda l’importanza che bisognerebbe dare alle vecchie storie di mafia, meno gravi di prima ma sempre presenti. Citando Sciascia, Raffaella Calandra ha enfatizzato che «bisogna aver paura delle mafie proprio in quei momenti in cui sono silenti, proprio come sta accadendo con la mafia siciliana in questo momento». A tal proposito, Calabrò ha fatto riferimento alla presenza in continua crescita della ’ndrangheta in tutta Italia che sta dando forti segnali d’allarme.

«Hai scritto questo libro nell’anno in cui cade il trentesimo anniversario del maxi processo ed hai messo insieme vicende che di solito si ricordano singolarmente; leggerle tutte insieme mi ha dato l’idea di quello che è successo veramente» ha affermato la giornalista di Radio24. Questo è senza alcun dubbio un grande valore aggiunto perché, come lo stesso Calabrò ha dichiarato, ci permette di ricordare che il maxi di Palermo ha sferrato un duro colpo alla mafia mettendola in ginocchio, che bisogna tener conto del contesto politico presente dietro ed, infine, che occorre “restituire” questa storia siciliana all’intera storia dell’Italia. «Quando si parla del 1982 l’Italia intera fa riferimento ai Mondiali vinti dalla Nazionale ma per tanti palermitani è l’anno in cui Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa furono uccisi perché provarono a creare degli argini contro la mafia» ha affermato Antonio Calabrò – «Loro sono parte della nostra storia e bisogna ricordare alle nuove generazioni che quegli anni sono stati pieni di sangue per il Mezzogiorno».

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Raffaella Calandra

I racconti, secondo Raffaella Calandra, fanno si che possa esistere l’analisi ma più che raccontare la storia di per sé

Difatti, nelle primissime pagine troviamo le mappe di Palermo con lo scopo di ribadire che «le borgate mafiose ed i luoghi degli omicidi hanno tagliato trasversalmente la città» come ha dichiarato Antonio Calabrò.

l´incontro