«Ucci ucci sento odor di mafiosucci. […] e non c’era via che non echeggiasse del coro dei ragazzi in protesta – ognuno di loro si sentiva felice di fare qualcosa, di dire la propria contro anni e anni di baciamano, onore, rispetto, faide e morti ammazzati»

L’estate che sparavano di Giorgio d’Amato (Mesogea)

Il 3 agosto 1982 a Casteldaccia viene ucciso il cognato del boss Filippo Marchese,uno dei più sanguinari uomini di Cosa Nostra. Nell’arco di 8 giorni moriranno 15 persone. A ricostruire i delitti e dare un profilo chiaro dei killer e delle vittime è un narratore insolito, un ragazzino di sedici anni, che mischia al lucido racconto degli eventi storici le esperienze di vita quotidiana, la cultura cinematografica e quella letteraria, e soprattutto lo stretto legame che lo lega al suo amico Antonio. Con un registro preciso ma semplice, l’autore racconta una giovane generazione che vive anni di modernizzazione consumistica, in cui però non tutti sono estranei alle sollecitazioni culturali e ai sogni ribelli dei due decenni precedenti, e nonostante il pressante contesto ad alta concentrazione mafiosa.