I legami che storicamente esistono tra politica e mafia non sono certo una novità e le cronache giudiziarie ci regalano enormi spunti di riflessione per entrare nel pieno delle connivenze che invadono il territorio italiano. 

Il libro di Enzo Ciconte, presentato a Palazzo Nicotera, analizza ed approfondisce esattamente il rapporto esistente tra politica e mafia, entrando in particolare nel merito di quelle interconnessioni che collegano la ‘ndrangheta calabrese con pezzi di politica deviata del nord ma anche fuori i confini nazionali. “Politici e malandrini” è, infatti, il titolo del volume di Ciconte raccontato e spiegato al pubblico di Trame3 da Francesco Forgione (già Presidente della Commissione Antimafia) e dal giornalista Filippo Vetri. Il testo, edito da Rubbettino Editore, sottolinea la grande capacità con cui i boss calabresi sono riusciti nel corso degli anni a divenire parte integrante di quella politica che ha scelto la subalternità ai mafiosi per accrescere i proprio interesse. Un legame costruito tramite la corruzione, intesa  come collante strategico  per dare vita ad un modello di società basato sulle necessità e le richieste della ‘ndrangheta.
Cosche calabresi protagoniste, quindi, di scelte politiche fondamentali per il paese, che in alcuni casi sono arrivate addirittura a scegliere e selezionare la classe politica da presentare alle elezioni sia politiche che amministrative. Basti pensare agli innumerevoli comuni sciolti per mafia dalla Lombardia fino alla Sicilia. Al nord la ‘ndrangheta ha la costante di rimanere invisibile, opaca, di essere un unicum con quella borghesia mafiosa che brinda e cena con i importanti politici nazionali. A differenza della mafia siciliana e della camorra, la ‘ndrangheta ha avuto rapporti con uomini politici di ogni schieramento, assicurandosi una piena protezione. Il libro di Ciconte, però, va oltre teorizzando anche quell’incrocio perfetto tra diversi elementi che detengono il timone della rotta italiana in perfetto equilibro: ‘ndrangheta, magistratura, politica e massoneria, passando per i servizi segreti ed agenti esteri operanti in Italia.
La ‘ndrangheta vuole essere stato, vuole sostituirsi alla stato e cerca, quindi, un rapporto di internità con lo stato, operando un modello di controllo del territorio che arriva fin dentro agli uffici dei comuni italiani.

Ma oltre a quella politica collusa con la mafia, esiste anche una grossa fetta di politici che fanno semplicemente  il loro dovere, agendo nel rispetto delle regole e di quei cittadini onesti che hanno scelto di votarli. Uno dei capitoli del libri si chiama, infatti, proprio Signor No ed è una chiaro e dettagliato elenco di coloro che hanno scelto di non piegarsi e denunciare, di fare politica pulita senza aver bisogno di costruire la propria carriera amministrativa sulle scelte della mafia.


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