«Bisogna stare lontani mille miglia dalla criminalità organizzata, è subdola e nessuno è immune, nemmeno le istituzioni».

Il procuratore di Catanzaro Vincenzo Lombardo mette in allerta tutti sulla pericolosità della ‘ndrangheta, durante l’incontro “Il santino bruciato”, con protagonista il professore Enzo Ciconte e il suo libro “Riti Criminali”, edito da Rubbettino.  Lombardo fa riferimento anche alla forza invasiva e subdola della ‘ndrangheta, ai giovani che ne subiscono il fascino. L’evento svoltosi all’interno del Chiostro San Domenico è stato moderato dal giornalista Antonio Liotta.

La distinzione tra chi è ‘ndranghetista e chi non lo è viene definita dalla condotta morale di ogni individuo, un concetto tanto ovvio quanto fondamentale. Esiste però una linea di demarcazione precisa, i codici di affiliazione di cui si sono forniti gli appartenenti alla criminalità organizzata calabrese nel corso della storia. Enzo Ciconte, docente di “Storia della criminalità organizzata” all’Università di Roma Tre, tratta l’argomento nel volume. Ciconte spiega come i riti di affiliazione, troppo spesso relegati ad un aspetto folkloristico, e quindi sottovalutati, rappresentano invece l’elemento cruciale secondo cui devono passare tutti gli affiliati al sodalizio criminale.

Viene sancita un’appartenenza che trascende quelli che sono  valori quali la fede, l’amicizia e l’affetto familiare. Alcuni termini che gli ‘ndranghetisti utilizzano mutuano dalla dottrina cattolica, a cominciare dal battesimo. Durante l’incontro Ciconte ha sottolineato però la differenza fondamentale: questi riti determinano chi ha potere di vita o di morte e non c’è possibilità di tornare indietro.

I codici utilizzati, dal momento dell’affiliazione dei picciotti, sono stati analizzati da numerosi autori nel corso degli anni. Sia Ciconte che Lombardo hanno spiegato come la divulgazione sia diventata ora estremamente diffusa, attraverso vari canali. Su Youtube si possono vedere e sentire liberamente le intercettazioni della polizia. Un elemento importante che ha sottolineato il procuratore Lombardo è il relativo interesse di alcune ‘ndrine nel dotarsi necessariamente di tali codici di affiliazione.

Il procuratore di Catanzaro ha infatti spiegato che in alcuni casi è stato appurato che non vengono effettuati assolutamente effettuati  riti, non se ne ritiene il bisogno per creare un “locale” di ‘ndrangheta; nella stessa Lamezia Terme indagini hanno dimostrato che esiste effettivamente un’associazione criminale che ha anzi maggior potere senza seguire codici. Entrambi i relatori sono convenuti nel sostenere che riti e linguaggi cifrati ottocenteschi sono diventati sempre più importanti per gli ‘ndranghetisti trasferiti al nord Italia o all’estero. Il fine ultimo della ‘ndrangheta è quello di legittimare, giustificare, “nobilitare” i propri delitti e tutte le azioni criminose. Il procuratore Lombardo ha chiosato sostenendo che si riuscirà a sgominare il fenomeno della criminalità organizzata quando ognuno di noi capirà che il problema ci riguarda personalmente. La ‘ndrangheta è un male collettivo. Enzo Ciconte ha infine spiegato l’importanza di eventi come il festival “Trame”, fondamentali per determinare quella rivoluzione culturale necessaria a sconfiggere le mafie.

Le foto di Mario Spada per Trame Festival