Il 19 marzo del 1994, giorno del suo onomastico, muore Don Peppe Diana. Ucciso dalla camorra nella chiesa San Nicola di Bari a Casal di Principe, comune del casertano. Ci raccontano la sua storia al Festival Raffaele Sardo autore di “Don Peppe Diana. Un martire in terra di camorra”, Augusto Di Meo amico e testimone dell’omicidio e Sandro Ruotolo giornalista e collaboratore di Michele Santoro che dal maggio di quest’anno e sotto scorta per le minacce di morte ricevute da Michele Zagaria, boss dei Casalesi, clan di rilevo a Casal di Principe.

Don Peppino non era un prete qualunque, era uno che il suo territorio lo conosceva bene, soprattutto chi ci viveva. È per questo che fu ucciso, perché voleva combattere le organizzazioni criminali del suo paese. Una voce fuori dal coro che stava diventando troppo forte e rappresentativa, punto di ritrovo per tutti coloro che non volevano più sottostare alla camorra. Come in ogni terra di mafia che si rispetti, le prime notizie della vicenda gettarono fango sul sacerdote (la mafia usa sempre la delegittimazione in questi casi), ma ciò non bastò ed oggi il vero operato di Don Peppe Diana viene riportato da giornalisti e scrittori. Come ricorda Ruotolo la memoria è molto importante, ma ancor di più è la crescita di una cultura della legalità, che avviene spesso anche attraverso i libri come questo.

Oggi Casal di Principe ha voglia di riscatto, lo si deduce dai fatti: gli arresti dei capi, i pentimenti, il nuovo assetto amministrativo, in più tra qualche giorno sarà inaugurata in una villa sequestrata alla camorra la mostra “La luce vince l’ombra”, con opere provenienti degli Uffizi di Firenze, dalle Reggia di Caserta, dal Museo di Capodimonte. Finalmente dopo venti anni si vedono i cambiamenti, come afferma Di Meo, forse perché i giovani vogliono vivere una realtà diversa.

 “Qui la camorra ha perso. Ora si ricomincia. Dove eravamo rimasti?”

Le foto di Mario Spada per Trame Festival