Annamaria Torre

“Questo è un incontro particolare: le protagoniste, infatti, sono tutte figlie di vittime innocenti della mafia. Abbiamo chiesto loro di intervenire non per dare spettacolo, ma per trasmetterne memoria e coscienza, per attivare la responsabilità nei loro e nei nostri confronti; chi diserta si deve guardare allo specchio e vedersela con la propria coscienza”.

È Lirio Abbate che introduce con queste parole Stefania Tramonte, Carmen Bertuccio e Annamaria Torre.

“Quand’è che si parla di mafia? Si parla di mafia quando la mafia senza chiederti nulla, da un giorno all’altro, entra nella tua vita e la rivoluziona”, sostiene Raffaella Calandra:“e ne abbiamo la prova con queste tre ospiti”.

“È difficile restare al di fuori delle logiche mafiose, è difficile abbassare la testa”. Chi non ha abbassato la testa è stato il papà di Carmen che, alla richiesta da parte di uomini di cui conosceva la provenienza, di cedergli il fucile da caccia che avrebbero usato in seguito per i loro scopi, ha detto di no. Era consapevole dell’uso che i mafiosi ne avrebbero fatto ed era consapevole della loro pericolosità. Ma ha detto di no. Non si è piegato ed è stato trucidato. Quella sera, la famiglia ha aspettato invano il ritorno del padre. Perché, come ha detto Calandra, “a volte le storie possono cambiare anche per una stretta di mano non data”.

Carmen ha fondato una associazione a Città Nova il cui scopo è quello di parlare, di incontrarsi e di raccontarsi, in modo da non vivere questo dolore in solitudine”.

“Chiediamo al sindaco di intitolare piazze e quartieri a personaggi non noti uccisi per mano mafiosa, perché intitolarli a personaggi già noti non avrebbe senso: quello che è importante è che la gente, passando per una via, non conosca la persona a cui è dedicata e si fermi a leggerne il nome e il motivo della morte”.

Annamaria invece spiega che non è stato facile (e non lo è tuttora), portare la memoria del padre nella sua terra perché è la stessa terra che ha rinnegato, mortificato e violentato il sacrificio del padre. “Noi siamo state colpite da queste tragedie enormi, ma vogliamo che dalle stesse nascano messaggi da poter recepire e lanciare”.

Stefania è disoccupata, e la domanda della Calandra sorge naturale: “Lo Stato non ti ha aiutata?”

“Lo Stato ci riconosce come categorie protette“, risponde, “ma quando ho mandato il curriculum e la domanda di assunzione, non ho ricevuto alcuna risposta”.