Qui sotto vi proponiamo la traduzione dell’articolo comparso il 21 luglio sul sito del New York Times a firma di Elisabetta Povoledo. L’articolo è stato pubblicato nella versione cartacea dello stesso quotidiano del 22 luglio.

Festival Letterario in Italia Presta la sua Voce alla Lotta contro la Mafia

Di ELISABETTA POVOLEDO

Pubblicato il:  21 Luglio 2012

LAMEZIA TERME, Italia — Storicamente né la penna né la spada sono state particolarmente efficaci nella lotta alla ‘ndrangheta,  l’organizzazione criminale che soffoca la Calabria, regione dell’Italia meridionale. Ma, in questa fortezza del crimine organizzato, un festival letterario sta contribuendo ad abbattere un muro di silenzio,  costruito su un misto di paura e di rassegnazione.

I crimini legati alla malavita  continuano a Lamezia Terme, nelle strade polverose della città si sparge ancora del sangue e le forze dell’ordine fanno periodicamente retate di  collusi con le famiglie mafiose.  Ma gli organizzatori di “Trame” (“Plots” in inglese), un festival dei libri sulle  mafie, cantano vittoria guardando le piazze gremite di gente del posto venuta a sentire gli autori  — spesso giornalisti, procuratori o operatori dell’antimafia  — parlare dei loro libri.

È una tiepida serata di giugno e si sgomita per prender posto sulle sedie di plastica disposte in una piazza del centro. Molti passeggiano sul corso principale, sfogliando libri  e dando un’occhiata all’armamentario dell’antimafia.

“La lotta alla Mafia può avere diversi aspetti. Anche il solo parlarne ci rende più forti” ha dichiarato Tano Grasso, che ha dato il via al festival lo scorso anno, durante la sua carica di Assessore alla Cultura.  (Grasso ha fondato la prima associazione antiracket in Italia nel 1991 e da allora vive sotto scorta.)

“La ‘ndrangheta ha da tempo esteso i suoi tentacoli nel tessuto sociale di questa città, flettendo il suo controllo su opere pubbliche e private con molteplici rapporti. Questo è il motivo per cui non potrà mai essere sconfitta solo da magistrati o dalle forze dell’ordine, ma deve essere sradicata dalla cultura della Calabria” ha detto il direttore del festival, Lirio Abbate, un giornalista che vive sotto scorta dopo la pubblicazione, nel 2006, di un libro sulle collusioni della politica con le organizzazioni criminali in Italia. “La Calabria oggi è la Palermo di 30 anni fa, dove non si poteva dire la parola mafia a voce alta”, ha detto Abbate, riferendosi alla città siciliana. “Ecco perché siamo venuti qui, a portare magistrati, giornalisti, autori e cercare di rompere il muro di omertà”,  la regola del silenzio che ha frustrato l’affermazione della legalità nelle regioni ad alta concentrazione mafiosa. Il festival letterario ha posto inoltre l’attenzione su quello che un editore ha definito un “boom letterario” in Italia di libri sulla mafia e sulle controparti delle altre regioni: la camorra in Campania, la sacra corona unita in Puglia, e la ‘ndrangheta,  la variante locale.

“È  un fenomeno di mercato, una tendenza” ha dichiarato Florindo Rubbettino, un editore che  colloca l’inizio del boom della letteratura sulla criminalità nel 2006, l’anno di pubblicazione del libro di Roberto Saviano, “Gomorra”.  La sua famiglia pubblica libri sulla ‘ndrangheta dagli anni ‘80, un segno di impegno civico, forse, ma anche una sfida in una regione dove lo spirito imprenditoriale è costantemente vessato dai “condizionamenti criminali” e dalle difficoltà burocratiche, ha affermato l’editore.

Il festival si sarebbe potuto tenere in qualsiasi altra città della Calabria, una regione con 2 milioni di abitanti che produce solo il 2,2% del prodotto interno lordo e dove, in alcune città, la disoccupazione giovanile raggiunge picchi del 39% e la criminalità organizzata offre un’alternativa alla mancanza di lavoro.

In un contesto di crisi economica,  la ‘ndrangheta è  “l’unica impresa che possiede il denaro” e l’offerta di posti di lavoro crea consenso sociale,  ha detto Abbate. “Vogliamo mostrare che esistono delle alternative”.

In generale è così in Calabria,  c’è una “diffusa mentalità mafiosa”, ha dichiarato Manuela Iatì, giornalista nata e cresciuta in Calabria, che lavora per Sky TG24 e che ha scritto di ‘ndrangheta. “Ciò non significa che le persone sono mafiose, ma che hanno accettato la via dei favori e dei doveri verso gli altri, perché lo stato e i suoi servizi non funzionano”.

“La corruzione è italiana” ha aggiunto, “ma qui è sostenuta dalla criminalità organizzata”. Ma Lamezia Terme è emblematica nel suo genere. Due giunte comunali sono state sciolte negli ultimi 20 anni, per il sospetto di infiltrazioni della ‘ndrangheta.

“Non ci sono poi così tanti mafiosi”, ha detto un prete del posto, Don Giacomo Panizza, che è stato diverse volte bersaglio di attacchi da parte di clan per via della suo caraggio. “Il loro potere deriva dal fatto che la gente comune coopera e permette loro di manovrare tutto”.

Negli ultimi sei mesi ci sono stati tre attacchi contro le case in cui Don Panizza manda avanti i suoi progetti di assistenza a disabili, immigrati ed ex tossicodipendenti.  “È  perché noi abbiamo il consenso, ma loro vogliono mostrare di avere il controllo”, ha affermato. Il sindaco, Gianni Speranza, ha messo al primo posto della sua agenda l’emorragia di giovani lametini, sebbene non possa offrire loro un posto di lavoro.

Osservando un gruppo di giovani che ascoltavano rapiti la presentazione di  “Onorate Società. L’ascesa della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta” di John Dickie,  Professor in Studi italiani all’University College of London, il sindaco Speranza sospira. “Se i ragazzi che sono qui stasera  restassero in Calabria per studiare all’università e poi trovare un lavoro, la  Calabria cambierebbe da così a così,” dice, girando il palmo della mano. “Invece partono perché qui non trovano  nulla”.

“Trame è un segnale di impegno verso il cambiamento”, dice Speranza (il cui cognome in inglese si ‘traduce’ con “hope”). È anche un tentativo di costruire una coesione sociale, aggiunge.  (Infatti, gli eventi previsti per l’ultima serata del festival sono stati rimandati per i quarti di finale degli europei tra Italia e Inghilterra,  trasmessi su un maxischermo utilizzato la sera prima per mostrare un documentario sull’assassinio, per mano della mafia, di procuratori ed operatori della legalità — tra cui i due giudici antimafia Giovanni Falcone e Paoloinflatable slip and slideBorsellino, uccisi esattamente 20 anni fa).

“Hai la sensazione che qui ci sia una grande fame di legalità” afferma il Professor Dickie.

Negli anni ’80 l’Italia “sembrava il Messico di oggi”, dice l’autore, ma è riuscita a mettere in atto importanti misure nella lotta al crimine. Detto ciò, ha aggiunto, la continua presenza di cosche indica che, ad un livello più profondo , “la repressione non sarà mai efficace finché non nascerà dalla gente comune la voglia di cambiare le cose”.

Articolo pubblicato nella versione cartecea del  22 luglio 2012, a pagina A10 con il titolo originale: Literary Festival in Italy Gives Voice to Authors and Residents in Fight Against the Mafia.

Traduzione di Elena Bonaddio