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Trame in Scena: Il corpo da’maffia

Nino Racco racconta in musica e parole simbolismi e storie di mafia

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La penultima giornata di Trame festival si conclude con “Il corpo da’ maffia”, spettacolo teatrale di e con Nino Racco, attore e cantastorie formatosi da autodidatta. Lo spettacolo è diviso in quattro atti divisi da intermezzi musicali suonati con una chitarra acustica e cantati in dialetto. Racco entra in scena con andatura lenta e una maschera mefistofelica, dando inizio a un monologo in cui interpreta la parte di un mafioso in viaggio verso Palermo. Il linguaggio comico si mescola ad uno stile dalla forte carica teatrale, che ipnotizza il pubblico.

Il primo atto è dedicato agli omicidi a sfondo politico. Racco narra dell’iniziale diffidenza a chiamare con il proprio nome la ‘Ndrangheta, nella Calabria della fine degli anni Settanta. Ripercorrendo il suo spettacolo “Opera Aperta”, l’attore racconta la storia di Rocco Gatto, mugnaio ucciso nel 1977 per aver denunciato la chiusura del mercato domenicale in un “lutto cittadino” imposto per la morte di un boss locale. Peppino Impastato, Piersanti Mattarella, Pio la Torre sono solo alcuni dei delitti politici eccellenti di‘Ndrangheta e Cosa Nostra; nei delitti politici Racco inserisce anche l’uccisione dei giornalisti: tra questi, GiancarloSiani, celebre cronista ucciso dalla Camorra nel 1984.

Il secondo atto è dedicato invece alla guerra di Mafia in Sicilia e ai sequestri e omicidi della ‘Ndrangheta in Calabria. Racco approfondisce le vittime eccellenti di quella stagione di sangue e descrive le modalità utilizzate per i sequestri. A concludere l’atto, una canzone rievoca il discorso di Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, ai funerali di Giovanni Falcone. Il terzo atto è incentrato sulle vittime di‘Ndrangheta nella Locride degli anni ’90. Tutte vittime civili, cittadini onesti che avevano denunciato estorsioni e ricatti da parte della criminalità organizzata. La parte finale di questo atto è dedicata a Totò Speranza, giovane ucciso a Bovalino nel 1997 per un debito di trecentomila lire.

La conclusione dello spettacolo affronta il tema dei rapporti tra ‘Ndrangheta e Chiesa; Racco ricorda in quest’ultima parte i preti e i religiosi che hanno lottato contro l’ingiustizia e il malaffare, insieme a tutti i giovani che hanno perso la vita per mano della criminalità organizzata.

Nino Racco racconta, in un modo mai didascalico ma sempre pieno di emozione, la scia di sangue che lascia la ‘Ndrangheta, mostrando il proprio senso di indignazione e la propria rabbia senza vergogna, con grande sensibilità e abilità narrativa.

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