di Tommaso Panza
A Trame, festival nella terra simbolo della lotta alla 'ndrangheta, il viceministro leghista Francesco Paolo Sisto ha cercato di vendere come progresso quella che, numeri alla mano, è una riforma dannosa e figlia di un odio politico che viene da lontano. Davanti a lui, Rocco Maruotti, segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), ha risposto punto per punto alle intenzioni de governo portate sul palco da Sisto.
«Terzietà? No, è solo una scusa».
Sisto ha ripetuto come un mantra la favola del «giudice terzo e imparziale», citando arbitri e squadre di calcio. Peccato che la realtà sia un’altra: la separazione tra giudici e PM esiste già, e solo lo 0,3% dei magistrati cambia ruolo ogni anno. «Allora perché questa riforma?», ha chiesto Maruotti. «Perché serve a mettere le mani sul CSM e svuotare l’indipendenza della magistratura».
I numeri che Sisto non vuole sentire: 47% di assoluzioni nei processi penali: «Se i giudici fossero davvero i burattini dei PM, questa percentuale sarebbe zero». Cinque referendum sulla giustizia nel 2022, incluso uno sulla separazione delle carriere: votato solo dal 20% degli elettori, con un misero 15% di sì. «Dov’è questa presunta volontà popolare?».
«Il vero obiettivo? Un esecutivo padrone»
Maruotti non ha usato giri di parole: «Questa riforma non nasce oggi. È la stessa ossessione che ha perseguitato Berlusconi per vent’anni». E ha ricordato i casi simbolo dell’attacco alla magistratura: Iolanda Apostolico, la giudice di Catania costretta alle dimissioni dopo le minacce di Salvini. Marco Gattuso, il magistrato di Bologna «attaccato perché gay e padre».
«Prima li delegittimano, poi li vogliono controllare - ha denunciato - E ora ci raccontano che è per la ‘terzietà’? Ma per favore». La provocazione finale: «Voi magistrati non siete eletti!»
Sisto ha tirato fuori l’argomento più delicato «Il Parlamento è eletto, voi no". Come se l’indipendenza della giustizia fosse un optional democratico. Maruotti ha ribattuto secco: «Noi siamo soggetti solo alla legge, non ai capricci della politica».
E sul recente referendum dell’8-9 giugno, il viceministro ha giocato la carta della «democrazia diretta». Peccato che, come ha ricordato Maruotti «se bastasse un referendum per cambiare la Costituzione, domani potremmo abolire il divorzio».
Sisto ha provato a vendere lo smantellamento delle garanzie costituzionali come una «riforma di civiltà». Ma i fatti parlano chiaro: è l’ultimo atto di una guerra politica contro la magistratura, condotta da chi non ha mai digerito di dover rispondere alla legge.
«La Costituzione non si tocca» ha avvertito Maruotti. Ma il governo, evidentemente, ha altri piani.