La storia della camorra è disordinata, anarchica. Eppure c’è una data, l’11 dicembre del 1980, che fa da spartiacque per i clan come per l’Italia civile. Quel mattino venne ucciso a Pagani, in provincia di Salerno, il sindaco gentiluomo Marcello Torre. Democristiano indipendente, avvocato anche di camorristi, Torre si stava opponendo, da pubblico amministratore, a uno dei più grandiosi progetti di conquista criminale del Novecento: le mani della camorra sui lavori della ricostruzione dopo il terremoto che nemmeno venti giorni prima aveva squassato l’Irpinia.
Per questo venne eliminato brutalmente su ordine di Raffaele Cutolo. In fretta, di corsa. Colpito per educare tutti gli altri amministratori che avessero voluto imitarlo. I clan campani arricchiti dal traffico di stupefacenti erano avviati al salto di qualità: far nascere la camorra-impresa, entrare nel settore legale e da lì rovesciare i rapporti con le istituzioni. Sulla memoria di Torre cadde un silenzio di imbarazzo e di vendetta. Specialmente a Pagani. La sua famiglia che chiedeva giustizia fu a lungo isolata. Si arrivò perfino, caso assolutamente unico, a intitolargli una piazza e a revocare l’intitolazione il giorno dopo. Il libro ricostruisce quei fatti apparentemente lontani, ma che ancora bruciano nella carne viva del Paese.
Dalla seconda di copertina di “Il Sindaco Gentile”
Autore: Marcello Ravveduto
Editore: Melampo
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L’indifferenza ci rende passivi e quindi complici del male criminale. Questo è uno degli insegnamenti che la vita di Marcello Torre ha trasmesso fino a noi: lo sottolinea con forza don Luigi Ciotti, anima e presidente di Libera, al termine della prefazione al libro Il sindaco gentile. Gli appalti, la camorra e un uomo onesto. La storia di Marcello Torre, in libreria per Melampo Editore.
Una biografia che ripercorre l’esperienza politica e umana del sindaco di Pagani (Sa), ucciso dalla camorra l’11 dicembre 1980, rimasta finora sostanzialmente – e inspiegabilmente – inedita, ma ricostruita accanitamente, con puntualità estrema, da storico, qual è l’autore Marcello Ravveduto. E però con la capacità di allargare il fascio di luce del racconto a coprire un intero territorio e molte vicende d’interesse nazionale (l’affermarsi del potere camorristico, la tragedia del sisma dell’Irpinia, lo scontro sulla legge sul divorzio…).
I protagonisti del racconto, che cresce d’intensità fino all’omicidio, sono infatti sempre almeno due. In primis Marcello Torre, “Democristiano indipendente” – come scrive Nando dalla Chiesa –, inizialmente avvocato anche di camorristi, capace di difendere la legge sul divorzio in contrasto con la corrente fanfaniana, maggioritaria nel suo partito, e, da politico locale, di frapporsi alla brama di accaparrarsi da subito una posizione di rilievo nell’impegno di ricostruzione per il dopo terremoto (23 novembre 1980, 2.735 morti e 8.850 feriti). E poi una terra dove le sparatorie e i delitti, che insanguinano Pagani e la regione, segnano l’ascesa di Raffaele Cutolo, trasformandola in un “Far West”– 1527 omicidi in Campania tra il 1970 e i primi anni Ottanta –; una terra che dopo il sisma viene inondata di finanziamenti pubblici (50 mila miliardi di lire), creando un’emergenza infinita (nel 1990 ancora 28.500 sfollati) e alimentando l’appetito smodato dei boss, per aver ostacolato il quale viene decisa definitivamente la fine del “sindaco gentile”.
«La vita di Marcello Torre – ricorda ancora don Ciotti – viene troncata la mattina dell’11 dicembre 1980, dopo che ha passato giorni e notti tra la sua gente, a gestire i soccorsi, a distribuire cibo e coperte. La mafia uccide una persona troppo libera per essere manipolata o anche solo “indirizzata”».