Il secondo appuntamento del festival si è tenuto alle 19.00 nel cortile di Palazzo Panariti, in pieno centro storico, un edificio neo-rinnovato all’interno del Progetto Culturale per Lamezia.È proprio l’assessore alla cultura Tano Grasso a introdurre gli autori di “La mafia in casa mia” Umberto Santino e Anna Puglisi e il giornalista lametino Franco Papitto, che modera l’incontro. Il libro è stato scritto da più di vent’anni ma “rientra nella categoria di quei libri che non hanno tempo”, spiega Tano Grasso, ed è per questo che è stato inserito in programma assieme all’altro classico “Cose di Cosa Nostra” di Giovanni Falcone e Marcelle Padovani.

Umberto Santino e Anna Puglisi hanno fondato nel 1977 il Centro Siciliano di Documentazione, che è stato intitolato a Peppino Impastato in seguito alla sua morte. Parlano in qualità di studiosi e attivisti, raccontando la loro esperienza di impegno civile che ha portato alla riapertura delle indagini sul caso Impastato. Il libro è la trascrizione di un’intervista a Felicia Impastato, madre di Peppino e testimone nel processo sull’uccisione del proprio figlio. “Un libro conciso, ma straordinariamente denso di emozioni” dice Franco Papitto, che guida il pubblico attraverso la storia di Felicia incalzando gli autori con domande sull’intervista e sulle attività del Centro.

Santino racconta le tappe fondamentali del processo: l’impegno iniziale di Rocco Chinnici e Giovanni Impastato; la prima sentenza del 1984 che dice “è stata la mafia, ma non ci sono prove per condannare i responsabili”. E ribadisce l’importanza della cultura, Peppino pensa alla mafia come macchina di morte finchè non viene a conoscenza, grazie alla scuola, degli intrecci con la politica e dei traffici internazionali di droga, e inizia a contrastarla. Infine rivela che gli uccisori hanno inscenato un atto terroristico, la bomba sui binari del treno che ammazza Peppino Impastato, perchè non potevano permettersi un omicidio di mafia, essendo la famiglia Impastato mafiosa.

Il filo logico che lega gli interventi di Anna Puglisi è la descrizione della persona e della personalità di Felicia Impastato. Ne parla con grande emozione, coinvolgendo il pubblico, la descrive come una donna forte, che fin dalla gioventù si era opposta alle imposizioni della sua famiglia; donna onesta e madre premurosa, prendeva sempre le parti del figlio e poco sopportava le conseguenze delle attività illecite del marito Luigi. Inoltre, la Puglisi sottolinea come la vicenda di Peppino sia legata ad importanti eventi della cultura antimafia in Sicilia, come la prima manifestazione nazionale contro la mafia, organizzata a Palermo il 9 Maggio del 1979, a un anno esatto dalla morte di Peppino Impastato.

In conclusione, Santino ribadisce l’importanza del lavoro del loro Centro, non solo nella riapertura del processo ma soprattutto nella divulgazione veitiera dei fatti: “Peppino aveva la mafia in casa sua, non a cento passi. La grandezza del suo impegno sta proprio nella rottura radicale dal suo stesso sangue, ovvero dalla sua famiglia mafiosa”. L’importanza di questa testimonianza si capisce bene dall’introduzione di Tano Grasso, che ha voluto fare della vicenda di Peppino Impastato la cornice di questo festival: se ne parlerà di nuovo in chiusura, domenica 26 in Piazzetta San Domenico con Giovanni Impastato, l’autore di “Resistere a mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato”.

d.c.