Quale male si annida nel Nord Italia, da sempre ritenuto modello di legalità? E chi gliel’ha portato?

Il libro di Marta Chiavari, La quinta mafia. Come e perché la mafia al Nord è fatta anche da uomini del Nord, presentato ieri sera a palazzo Panariti, risponde proprio a queste domande sfatando i falsi miti di un fenomeno mafioso infiltrato in Lombardia perché trapiantato da uomini del Sud, principalmente calabresi. “Se è vero che c’è stato un momento iniziale di infiltrazione – ha spiegato l’autrice grazie alle domande poste da Stefania Pellegrini, docente dell’Università di Bologna e conversando con il sindacalista Alessandro De Lisi – adesso siamo ben oltre. Il fenomeno mafioso al Nord c’è perché gli imprenditori scelgono di privilegiarlo per convenienza e attecchisce proprio in quel territorio perché forte è il motivo economico. Gli imprenditori hanno capito che è facile ottenere potere, inserirsi nel mondo sano attraverso il metodo mafioso”.

La Pellegrini ha sottolineato la difficoltà da parte delle nuove generazioni di riconoscere luoghi e personaggi della mafia nel contesto lombardo, che lungi dall’essere calabresi trapianti, sono uomini che la politica agevola nel matching tra ‘ndrangheta e imprenditoria. Una ‘ndrangheta che se non ammazza, induce al suicidio, dando vita a un nuovo filone mafioso, con le sue specificità ma allo stesso tempo con le strategie per essere debellato.