di Carlotta Cerra e Anna Pagliaro
Si è sviluppata su un duplice filone la prima giornata della XIV edizione del Festival Trame, che ha dedicato ben due incontri alla Giornata Mondiale del rifugiato.
Primo tra questi il dibattito tra Maso Notarianni (Progetto TOM, Tutti gli Occhi sul Mediterraneo), Don Giacomo Panizza e Andrea Fabozzi (Il Manifesto), moderato da Maria Scaramuzzino (Gazzetta del Sud).
Il principale spunto di riflessione è stato quello sulla “legge del mare”: «non si può mettere in discussione la legge del mare –ha detto il responsabile del progetto TOM - in mare da sempre ci si aiuta, anche tra nemici».
Di fronte all’inevitabile legge del mare, il progetto TOM si propone di preservare i diritti di coloro che attraversano il Mediterraneo, il più grande cimitero del mondo.
In merito alla questione della finanza etica, sempre Notarianni ha spiegato l’ingiustizia e le conseguenze della cattiva redistribuzione delle ricchezze.
Secondo l’ospite, se ci si accanisse sul problema in questione come si fa su quello dell’immigrazione, le folle aprirebbero gli occhi sui reali problemi della società.
E’ seguito l’intervento di Don Giacomo Panizza, fondatore di Progetto Sud, che ha offerto inoltre una rappresentazione teatrale sul tema dell’evento, il quale si è soffermato sul concetto cardine del dibattitto: “un’umanità troppo umana”, come viene riportato nel titolo dell’evento.
«L’umanità è troppo terra terra». Con quest’espressione Panizza ha evidenziato la tendenza naturale dell’uomo a fuggire di fronte ai problemi sociali, che si rifiuta di vedere.
Il terzo ospite, Andrea Fabozzi, ci riporta un crudele spaccato di realtà: ogni anno più di 30.000 migranti sbarcano in Europa, circa 1000 muoiono e sono dispersi, e più di 10.000 migranti sono rimandati nelle carceri in Libia e sottoposti a costanti torture.
Tutte queste persone, dice Maso Notarianni «non sono migranti, sono naufraghi».
Notarianni ci mostra, dunque, l’altra faccia della medaglia: si pensa troppo spesso a coloro che sbarcano, visti come invasori, e si trascurano i dati più atroci, testimonianze delle innumerevoli morti.
In conclusione, la giornalista Maria Scaramuzzino ha sollecitato gli ospiti a terminare il dibattito con una «battuta finale».
Tra queste, è emersa specialmente quella di Fabozzi, che si propone di lasciare il pubblico con una parola in particolare: razzismo. Un concetto estremamente in linea con la tematica centrale, ma paradossalmente non ancora stato preso in considerazione.
«Pensiamo che esista un’umanità non degna di essere trattata civilmente -dice Andrea Fabozzi- il razzismo è l’unica molla che ci autorizza ad essere empatici».