di Antonio Pio Mercuri e Nicholas Morello
Da che parte stai? Sicuramente non da quella di chi « cavalca i malintesi fuori e dentro i margini della società, della legge, delle vite altrui. A discapito di chi invece fa una cosa diversa: sceglie di scegliere, di schierarsi, di non voltarsi dall’altra parte » lo afferma Geppi Cucciari nella prefazione del libro presentato oggi durante la terza serata di Trame. I due fumettisti Emiliano Pagani e Loris De Marco, hanno rispettivamente curato la sceneggiatura e il logo, i disegni e la copertina della pubblicazione, mentre il giornalista Alessio Pasquini ne ha sviluppato il soggetto. La trama impernia attorno le vicende personali «di un gigante », così come ritenuto da De Marco, ovvero Pietro Grasso, ex magistrato, procuratore nazionale antimafia ed ex Presidente del Senato, nonché di suo figlio Maurilio. La storia spazia dall’omicidio di Placido Rizzotto a quello di Piersanti Mattarella, passando per la nascita del pool antimafia fino al primo maxiprocesso a Cosa Nostra e agli attentati a Falcone e Borsellino. «Un ragazzino, figlio di un magistrato antimafia, si trova ad attraversare eventi che modificano per sempre la storia del nostro paese e indirizzano in maniera inequivocabile anche la sua vita, provando sulla sua pelle che cosa voglia dire scegliere da che parte stare. » Il ragazzino è proprio Maurilio Grasso.
L’incontro ha avuto la partecipazione attiva del pubblico, specialmente di una fascia d’età che ha rivissuto, grazie alle parole di Grasso, i tragici tempi dell’attentato a Giovanni Falcone. L’evento è stato aperto dalle parole di Pasquini, il quale ha riportato la genesi del racconto, nato appunto da una serie di “incontri fortunati” con Pietro Grasso e i suoi familiari, l’ex magistrato ha poi precisato come l’opera voglia essere destinata alla nuova generazione. La trama si apre, come ha raccontato Pagani, con la prospettiva di un ragazzo quattordicenne per andare al di là di ciò che è ritenuto spesso ed erroneamente scontato. Il concetto viene astutamente fatto passare facendo leva sull’immaginario collettivo. Il mediatore ha in seguito scherzato su come il politico abbia avuto cento vite ma queste, per Grasso, si limitano solamente a tre «quella da magistrato per quarantatré anni, quella da Presidente della Repubblica supplente per quindici giorni e quella da Presidente del Senato per cinque anni » afferma. Il proposito del racconto è quello di elargire speranza viva necessaria ad affrontare periodi bui anche grazie all’alto senso del dovere di figure esemplari come Falcone, Borsellino, e ovviamente il suddetto. Un aspetto imprescindibile che il libro affronta è l’intreccio tra una vita ordinaria ed una di un magistrato circondato da uomini col giubbotto antiproiettile. «Quando mi hanno contattato per affrontare il maxiprocesso a seguito delle uccisioni di vari vertici istituzionali a Palermo, tra i quali il fratello di Mattarella, ho avvertito il forte bisogno della mia famiglia. Prima di dare una risposta circa il mio intervento come magistrato ho parlato con i miei cari, mia moglie mi disse che avrei dovuto accettare la carica che sognavo da sempre e che avremmo affrontato tutto insieme ». La famiglia di Grasso è stata nel mirino di Giovanni Brusca, mafioso che aveva progettato un attentato alla famiglia di Pietro. Il figlio dell’ex magistrato, Maurilio, si ritrovò casualmente faccia a faccia con colui che desiderava la morte di lui e dei suoi cari. Ha poi preso parola Pagani « il libro inizia con la morte di Giuseppe Letizia, bambino morto a seguito dello shock subito dopo aver assistito involontariamente all’attentato di Placido Rizzotto, l’episodio è discusso nel libro a casa Grasso, mentre questo era ancora piccolo, i suoi cari commentarono affermando che non fosse il bambino a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliati, bensì la mafia a non dover essere affatto presente ». Proseguendo sul tema familiare, Grasso ha ricordato un aneddoto riguardante la moglie, scomparsa nel mese di aprile, che ha potuto però assistere ai primi mesi di sviluppo del fumetto, commentando simpaticamente sulla “rappresentazione” caricata del suo “lato b”. L’ex Presidente del Senato era sposato con la moglie Maria da 55 anni, aspetto che, a detta sua, ha spesso suscitato stupore nei ragazzi delle varie scuole dove Grasso effettua tutt’oggi incontri formativi. Tutte le vicende illustrate dal fumettista De Marco hanno in comune, oltre la famiglia, il lavoro e la passione, un termine tipico del contesto italiano: la legalità. Proprio su ciò si è soffermato Pietro Grasso, sotto invito del mediatore, esprimendo le sue considerazione sull’attualità e specificamente sul decreto sicurezza recentemente approvato. « La criminalizzazione delle manifestazioni in strada è un brutto segnale per la democrazia, la divisione dei tre poteri tende ormai a vanificarsi. Sul ruolo della magistratura dico che questa non vuole dei privilegi bensì difendere i cittadini. La miscellanea delle mie carriere mi ha permesso di apprendere come le figure del Giudice e quella del PM debbano essere autonome ed indipendenti. Trump impone ai suoi sottostanti cosa devono fare al fine di non far crollare le attività americane all’estero, sancendo la mortificazione della democrazia”. Grasso ha poi proseguito, parlando del referendum, «credo che andare a votare è l’unico momento di piena libertà del cittadino, senza che nessun politico dica cosa fare» .
Si è poi parlato della fondazione di Pietro Grasso, “Scintille di futuro”, la cui emozionante origine è stata poi chiarita dallo stesso « il nome della fondazione è legata alla mia vita ed al mio rapporto con Giovanni Falcone. Mi stava accompagnando a casa da Roma a Palermo, tirò fuori dalla tasca un accendino in quanto aveva recentemente smesso di fumare, con la promessa di restituirglielo in caso avesse voluto ricominciare. Il giorno prima della strage, il 22 maggio, eravamo d’accordo con Giovanni e Francesca, la moglie, che saremmo tornati insieme a Palermo con un volo di sicurezza a disposizione di Falcone. Saremmo dovuti partire il pomeriggio, ma verso le due del pomeriggio Giovanni mi avvisò che, per ragioni di lavoro, Francesca non si sarebbe liberata prima della tarda mattinata di sabato; gli risposi che avrei provato a trovare posto sul volo di linea, solo grazie a quel colpo di fortuna non fui in macchina con loro il giorno dopo». É stato a quel punto che Pietro Grasso ha tirato fuori dalla tasca proprio l’accendino di Falcone, mostrando la fiamma al pubblico lametino. Una fiamma che, in nome della giustizia, non tenderà mai a spegnersi.