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Dentro e fuori l’IPM: “La fine del gioco” di Amelio ci ricorda che ogni storia di emarginazione può trasformarsi in una storia di rinascita

Venerdì 21 febbraio 2025 la pellicola è stata proiettata, dopo 55 anni dalla messa in onda, nell’IPM Paternostro che ne ospitò le riprese

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Il rumore dei passi svelti dei ragazzi, il suono metallico delle rotaie che scorrono sui binari, i primi piani sul volto del piccolo protagonista: sono i dettagli a scandire il ritmo de "La fine del gioco", film che segnò l'esordio alla regia del giovane Gianni Amelio.
A mezzo secolo dalla sua prima messa in onda sul Canale 2 della Rai nel 1970, la pellicola ha fatto ritorno nella location che ospitò le riprese: l'IMP Silvio Paternostro di Catanzaro, venerdì 21 febbraio 2025. L'evento non è stato solo una celebrazione cinematografica, ma un'opportunità di riflessione sulla condizione dei minori in difficoltà e sul ruolo del cinema nel raccontare storie di disagio e riscatto, alla presenza dei giovani detenuti dell’Istituto e di alcune classi delle scuole limitrofe.
Alla proiezione ha fatto seguito un intenso dibattito con Domenico Rafele, sceneggiatore del film, Luigi Valentino, attore protagonista, Annarosa Macrì, giornalista e scrittrice, moderato dal giornalista Vinicio Leonetti.  I saluti istituzionali sono stati affidati a Francesco Pellegrino, Direttore dell’Istituto, Nuccio Iovene, Presidente della Fondazione Trame, e Teresa Chiodo, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, che hanno sottolineato il valore di questo incontro non solo dal punto di vista culturale, ma anche educativo e sociale.
Il film di Amelio, vincitore nel corso della sua carriera di tre David di Donatello, otto Nastri d’argento e un Leone d’Oro, racconta la storia di un giovane intrappolato in un sistema oppressivo e giudicante che, dall’alto del proprio privilegio sembra non poter comprendere la realtà fattuale di chi vive al di fuori di quella bolla, come riconosciuto anche da Rafele e Macrì.
Amelio esaspera i tempi e i dettagli, lascia parlare le emozioni e la mimica facciale, per sottolineare il disagio del ragazzo rispetto all’adulto con cui si confronta, il giornalista che lo intervista per raccontare la sua storia senza comprendere ne considerare il suo punto di vista. Perfetto nel suo ruolo Luigi Valentino, studente catanzarese all’epoca delle riprese che si è dimostrato perfettamente all’altezza della situazione.
Il film ricorda che la possibilità di ricostruire la propria vita, di riscrivere il proprio destino e di non essere definiti esclusivamente dagli errori del passato, è una lezione ancora ancora attuale e necessaria. Ed il piccolo protagonista lo sa bene, tanto da scegliere di prendere in mano la propria vita, allontanandosi da chi ne vuole e non sa ascoltare.
L’evento non è stato solo un omaggio a un grande regista, ma anche un’importante occasione per riaffermare il valore della memoria e del riscatto.
 In un mondo che spesso marginalizza chi ha commesso errori, il film di Amelio ci ricorda che ogni storia di emarginazione può trasformarsi in una storia di rinascita.

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