«Borsellino e Falcone prima che eroi erano uomini. Pensarla così serve per farci capire che ognuno di noi può e deve fare qualcosa». Testa alta, schiena dritta e seguendo sempre la sua coscienza, Pietro Grasso, prima da magistrato e poi da politico italiano ha sempre lottato contro la mafia. Dopo 25 anni dalla strage di Capaci, alla settima edizione del Trame festival presenta il libro Storie di sangue, amici e fantasmi.
Ad aprire e chiudere il libro troviamo una lettera per Giovanni Falcone ed una per Paolo Borsellino. Due compagni di lavoro ma soprattutto due grandi amici e due maestri di vita. Durante la conferenza, Grasso si sofferma molto a parlare di loro e li descrive anche nella loro vita privata. «Apparentemente Falcone era una persona serissima, che sapeva anche come mettere a disagio i giornalisti dalle domande scontate. Però con gli amici scherzava molto ed era molto amichevole» racconta Pietro Grasso sul palco, in Piazzetta San Domenico insieme a Gaetano Savatteri, «Borsellino, invece», continua il Presidente del Senato, «mostrava apertamente la sua voglia di vivere e la capacità di relazionarsi con gli altri».
Qualche cenno anche sulla discussione della legge sullo ius soli. A riguardo afferma che per lui chiunque tifi una squadra italiana e vada in una scuola italiana è riconoscibile come tale e lo è più di chi non vota pur avendone il diritto.
Nelle battute conclusive lancia un messaggio di speranza per tutti i cittadini, affermando che la sua vita è improntata sulla convinzione che tutto si possa cambiare e che dunque la mafia si può combattere.