«Un racconto di mafia che a colpi di azione e pugni nello stomaco illumina la cronaca italiana dell’ultimo ventennio».
Tanta gente ad attendere il ritorno a Lamezia del suo più noto regista: Carlo Carlei, che nella quarta giornata di Trame.7 ha indossato le vesti inedite di autore per la presentazione del suo libro “The Passenger”.
Una location particolare quella del Chiostro di San Domenico, come ha dichiarato lo stesso Carlei: «Questa è la palestra del mio liceo. Mancavo da questo posto da 39 anni. È un emozione speciale essere qui questa sera». Ad accompagnarlo nell’incontro Daniela Grandinetti, scrittrice e insegnante lametina e Antonio Cannone, giornalista di LTNews, che da poco ha pubblicato un libro di un certo interesse per la città di Lamezia, come ha voluto ricordare Carlei: «Antonio ha affrontato di recente un tema molto sentito in quello che è l’immaginario collettivo lametino negli ultimi decenni: ha scritto un libro sul caso Aversa e ovviamente per l’argomento trattato avremmo meritato di averlo qui a Trame a presentarlo».
Riguardo ai risultati del suo ultimo lavoro televisivo il regista lametino ha commentato: «Sono molto contento del successo dei Bastardi di Pizzofalcone. Diciamo che i Bastardi mi ha dato del successo che è comprensibile. Sono convinto anche di aver fatto cose migliori, ambientazioni migliori, ma molto spesso si ha successo con qualcosa che nemmeno ci si aspetta».
Parlando del suo ultimo lavoro Carlei ha rivelato che è per saldare il conto in sospeso con il 1992 che ha scelto di realizzare “The Passenger”, una graphicnovel che si scopre “narrazione a tutti gli effetti, in cui le storie hanno struttura a romanzo. Un romanzo non scritto, ma disegnato”, precisa Daniela Grandinetti.
«Il 1992 è l’anno in cui Falcone e Borsellino vengono massacrati dalla mafia, l’anno in cui “La Corsa dell’Innocente” è presentato a Venezia, l’anno in cui decido di partire in America perché non mi era piaciuto come il mio lavoro era stato trattato dalla critica italiana.» racconta il regista. Un racconto mirato a narrare la storia di chi Falcone e Borsellino li aveva ammazzati, non il diretto mandante, ma chi ne ha seguito gli intenti: un Masino Caligiuri definito sintesi tra Riina, Provenzano e Matteo Messima Denaro. L’immagine di un boss che si erge a protagonista della storia.
«Potevo approcciarmi in tanti modi: anche facendo il solito santino televisivo» – dice Carlei riferendosi a quei prodotti televisivi che tendono a rendere popolare e a mitizzare la figura di criminali – «ma lasciatemi dire che realizzazioni come il Capo dei Capi umanizzano criminali che non andrebbero umanizzati – continua il regista, che intervenendo sull’attuale dibattito riguardo la dignitosa morte di Riina, commenta – Abbiamo visto tante persone che alla fine sono diventate moraliste. Hanno citato “Le mie prigioni” di Silvio Pellico o Cesare Beccaria. All’improvviso sono diventati magnanimi. Pensiamo che il male vada combattuto con mezzi che non sono gli stessi di quelli impiegati da questi signori. Ma bisogna avere un pizzico di fermezza. Uno Stato di diritto è tanto più di diritto quanto è forte». Carlei non cerca il compromesso mirato a render umani simili personaggi, ma dipinge il loro essere delusional, il loro delirare nel credersi nel giusto: «tanto più si pensa di essere nel giusto, tanto più è un abominio nei confronti dei 300 omicidi accertati e forse altrettanti ancora non attribuitigli», prendendo ancora come riferimento la figura di Riina. È un personaggio crudele e spietato quello di Masino Caligiuri, membro di un sistema che appartiene ad un altro mondo. Lo chiama “altro mondo” Carlo Carlei: «fatto di poteri forti, che pensa di giocare, rispetto ai quali noi siamo formiche. Il rispetto che hanno per noi equivale al rispetto che un bambino ha verso le formiche: pressoché zero. Per questo dovremmo alzare la testa e comprendere perché è successo questo. Il fatto che Gratteri abbia avuto tanto successo, il fatto che un magistrato abbia toccato le coscienze di tutti noi e che non l’abbia fatto un politico ci dice tanto su come il Paese è governato. Non si ha fiducia in chi le cose dovrebbe costruirle da zero – commenta Carlei che chiude Mi auguro che Trame, continuando in questa tradizione riconosciuta a livello nazionale, prosegua negli anni questi appuntamenti in cui almeno si discute di queste cose, e discuterne è già qualcosa».