“La ‘ndrangheta è una forza sociale criminale che ha un progetto, quello di colonizzare quanto più territorio possibile, con una capacità di colonizzazione unica rispetto alle altre organizzazioni criminali”.

Così Nando Dalla Chiesa, direttore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, che ha presentato il libro “Manifesto dell’antimafia” nella quinta serata di Trame.

Una ‘ndrangheta, quella descritta dal presidente onorario di Libera intervistato da Carmelo Sardo, che si distacca da molti dei tanti luoghi comuni, dalle rappresentazioni con cui immaginiamo la mafia calabrese. “Il primo obiettivo delle organizzazioni criminali non è il profitto ma controllare il territorio” ha detto Dalla Chiesa che vede nelle vicende legate all’Expo l’emblema delle logiche di potere della ‘ndrangheta: “le cosche non prendono i lavori pregiati ma il movimento terra, l’edilizia, tutto ciò che consente loro di controllare il territorio”.

Non è vero che i mafiosi di oggi sono in doppiopetto, non è vero che mandano i figli all’università all’estero, non è vero che i summit avvengono ai piani alti dei grattacieli della city. Nando Dalla Chiesa smonta tanti luoghi comuni sui mafiosi 2.0 e richiama la necessità “di conoscere il nemico per poterlo combattere, avere un’idea chiara di chi è e come si comporta il più pericoloso nemico della democrazia, non limitarci ad immaginarcelo”.

Di passi in avanti, il movimento antimafia negli ultimi 20 anni ne ha fatti, ma il cammino da fare è ancora tanto e spesso – ha affermato Dalla Chiesa – “c’è il rischio come ha detto recentemente Don Ciotti che parole come mafia e legalità diventino ambigue, che si parta in 100 per ritrovarsi in 10”. Non si batte la mafia se non si fa gioco di squadra, non si batte la mafia “se si chiude una scuola in un quartiere ad alto tasso di criminalità perché si priva quel territorio di un presidio dello Stato”, non si batte se “si omettono i controlli sugli appalti e se non si ha la consapevolezza che ogni appalto pubblico suscita gli appetiti delle organizzazioni criminali”.

Il problema, dunque, non sono le parole antimafia o legalità, non è il rischio di ripeterle troppo o troppo poco. La questione per Dalla Chiesa è “dimostrare con esempi e azioni a che tipo di antimafia e a che tipo di legalità facciamo riferimento”