La grande forza delle mafie sta nella ricchezza che produce e questa ricchezza è stata calcolata, dalla numero due di Bankitalia Anna Maria Tarantola, nel 10% del Pil nazionale (150 miliardi di euro). Tarantola ha anche detto che quest’enorme capitale rischia di compromettere l’intera tenuta del sistema economico italiano. È da questa dichiarazione che si è iniziato a parlare, ieri sera, in piazzetta San Domenico, sul riciclaggio di denaro. Una riflessione ruotata intorno al libro Soldi sporchi. Come le mafie riciclano miliardi e inquinano l’economia mondiale di Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia, ed Enrico Bellavia, giornalista di Repubblica. All’incontro, oltre a Bellavia, ha preso parte anche Michele Prestipino, Procuratore Aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, e moderare l’incontro, solleticando il dibattito con domande interessanti, Fabio Tamburini, direttore di Radio24-il Sole24ore.
«In Calabria c’è la mafia più ricca eppure risulta la regione più povera. Quindi, è evidente che la ‘ndrangheta investa altrove, soprattutto al Nord» ha affermato Prestipino, precisando che «il vero problema è ricollegare le ricchezze dove emergono (cioè, Nord Europa) con le loro origini». C’è inoltre un rapporto molto complesso, ed inevitabile, tra le mafie e le banche: molti di questi soldi passano inosservati nei flussi bancari. È possibile, per Bellavia, che buona parte di questi soldi vengano investiti in quella che è la grande moda del momento: i centri commerciali. Comunque, come ha detto lo stesso Prestipino, «le indagini sui flussi di denaro sono le più difficili, anche perché le notizie sui patrimoni di mafia sono in mano a pochissime persone».
La domanda che però ci si è fatti più spesso nel corso del dibattito è stata come sia possibile che persone come Bernando Provenzano e Giovanni Tegano, paragonati a contadini, ignoranti e alla stregua dell’analfabetismo, possano gestire flussi così enormi di capitale. La risposta, unanime, dei tre che tutto ciò è possibile grazie alla famosa “zona grigia”, quella dei “colletti bianchi”.
Per Prestipino, infine, su due fronti lo Stato può agire: sulle previsioni di tracciabilità nei pagamenti, che devono essere allargate, poiché questo renderebbe più difficoltoso il pagamento della tangente da parte dell’imprenditore e sul divieto di autoriciclaggio, che deve essere superato. «L’Italia – ha detto Prestipino – è l’unico Paese al mondo in cui se io produco reddito illecito e poi lo investo non commetto reato. È un fatto anacronistico, che non ha più senso di esistere».

