«E’ mancato un atto di autocritica nella chiesa», con questa affermazione Isaia Sales, docente di storia delle mafie presso l’Università Benincasa a Napoli, apre la quarta giornata del Trame Festival. Sales, intervistato da Salvatore D’Elia, presenta la seconda edizione del suo libro: I preti e i mafiosi. Storia dei rapporti tra mafie e Chiesa cattolica. Secondo l’autore, l’autocritica consiste nel fatto che la chiesa deve dare conto del perché, per quasi un secolo e mezzo ha utilizzato il silenzio nei confronti della mafia. «Se la scomunica del Papa fosse avvenuta cento anni fa, avremmo avuto la stessa forza delle mafie? Io penso di no».

Lo storico afferma di non voler individuare dei responsabili da condannare, e che tutto questo poteva andare diversamente se solo la Chiesa avesse avuto più coraggio. In poche parole, «senza l’apporto della Chiesa cattolica, le mafie non avrebbero avuto il successo che hanno avuto»; questo è ciò che Sales afferma in relazione al libro, attraverso il quale non viene svolto un processo alla Chiesa, ma ci si interroga se la storia, in rapporto alla mafia, poteva andare diversamente. La risposta è sì.

Abbiamo una situazione paradossale: tutte le religioni hanno come missione quella di limitare il male, noi invece «ci ritroviamo in una religione in cui, al posto di limitare il male, la religione assegna buona coscienza agli assassini». Com’è che la mafia ha trasformato una religione anti-violenta per eccellenza in una religione che invece giustifica la violenza? Il Dio dei mafiosi è diverso dal nostro? La religione contro il male diventa una religione che giustifica il male, ovvero che aiuta gli assassini a liberarsi dal senso di colpa. Sales conclude la presentazione affermando di essere più fiducioso: «se il mondo cattolico italiano facesse fino in fondo quello che è giusto fare, le sconfiggeremmo le mafie nel giro di una generazione».