Mistretta, autore di Rosario Livatino. L’uomo, il giudice, il credente, per il secondo anno ospite a Lamezia. A Trame.4 aveva presentato Il miracolo di don Puglisi e torna quest’anno a raccontare un altro martire di mafia, Livatino, “il giudice ragazzino” beatificato su richiesta del vescovo Montenegro. Studiando le sue agende il giornalista ha conosciuto “quest’uomo che combatteva la mafia con 3 armi: l’educazione familiare, la robustezza degli studi giuridici e la fede”.
Accanto a Mistretta Giacomo Panizza, prete bresciano che vive a Lamezia, dal 2002 nel mirino delle cosche, ci racconta i suoi timori: “La paura va per conto suo, non riesco a telecomandarla, ma penso che se in una vita c’è paura non è una vita dimezzata”. Intervistati da Nadia Donato illustrano una Chiesa talvolta divisa: Mistretta ricorda papa Woitila che ha il coraggio per la prima volta di pronunciare la parola “mafia” esprimendo una decisa opposizione che darà la morte a Don Pugliesi e Don Diana in date non casuali. Panizza, con La mafia sul collo, sottolinea l’importanza di mettersi in gioco, anche ammettendo che “la Chiesa inizia a vedere, sebbene sul tema mafia non guarda ancora in tempo reale”. Le parole di Livatino: “quando moriremo non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili” creano assonanza con il “prodigioso duello tra morte e vita” di Panizza, che ci interroga tutti: “Ma noi nella vita stiamo facendo un prodigioso duello, stiamo combattendo perché la vita sia vita davvero o stiamo passando il calendario? Livatino decide di non andare nel bar dove c’è il mafioso che offre il caffè. Questo non è eroismo, è la vita normale”.
In chiusura Mistretta parla della vicenda di Elena Canale Valdetara, malata di tumore, donna che vede in sogno un giovane vestito in abiti talari che gli dice solo una frase “la forza di guarire è dentro di te. Quando la troverai potrai aiutare altri bambini”. Solo 2 anni dopo scoprirà che era Livatino che la salverà con la sua intercessione. Panizza ci consegna invece un’ultima riflessione sul tema cristiano del perdono: “Quando si vuol parlare di perdono non bisogna mettersi in testa chi perdoniamo, il pensiero deve andare alle vittime e ai parenti. Il tema del perdono è un tema grossissimo che non vuole faciloneria”.