dal Blog Trame, di mafie e di libri
di ATTILIO BOLZONI

Da otto anni, a Lamezia Terme, si svolge “Trame, festival di libri sulle mafie”. E ancora una volta, dal 20 al 24 giugno, si rinnova questo singolare appuntamento di libri, incontri, testimonianze, pubblico e giovani volontari che arrivano da ogni parte della Calabria e dal resto d’Italia.
Qualcuno giustamente chiede e si chiede: ma a cosa serve Trame?
A sconfiggere la mafia? O solo a dare una passerella a magistrati, studiosi e giornalisti? E quest’anno più che mai, dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale – la terza in venticinque anni – c’è da interrogarsi sull’utilità di un festival sulle mafie, in una terra che appare irredimibile.
Trame parla di libri, di studi e analisi sulle mafie. E’ un momento di riflessione sullo stato dell’arte della ricerca accademica, giornalistica e narrativa sulle mafie. Ma è anche un momento di dibattito sui modi, le forme, i tempi e gli abusi dell’attività antimafia. E’ una ribalta laica, priva di preconcetti, abbastanza smagata che proprio dalla Calabria – una delle regioni più fortemente sottoposta ai luoghi comuni e agli stereotipi – tenta di tracciare un discorso nazionale sulle mafie nazionali.
Il festival Trame non ha, e non può avere, l’ambizione di modificare radicalmente, in pochi anni, mentalità e metodi radicati nel sud dell’Italia e nella stessa Lamezia Terme. Siccome Trame si occupa di libri, può benissimo mutuare per sé una frase valida, anche se consueta: un libro non può cambiare il mondo, ma a volte un libro può cambiare una vita. In realtà, i libri cambiano il mondo, perché dai libri vengono le grandi idee che hanno mosso popoli, nazioni e continenti.
Trame è solo un festival di libri, sia pure importante, sia pure rilevante. Non ha la pretesa di cambiare il mondo, di aprire inchieste, di fare arrestare mafiosi o di scardinare assetti di potere. Ma Trame può dare ai suoi partecipanti (a partire dalle centinaia di giovani che anno dopo anno hanno partecipato come volontari alle varie edizioni) gli strumenti per ragionare, attraverso la cultura.
Che frasi retoriche, vero? Allora uso una pagina di Leonardo Sciascia che certamente è stato lo scrittore più antiretorico che abbia avuto l’Italia. Nel suo libro “Una storia semplice”, il protagonista, un anziano professore in pensione, incontra il procuratore della Repubblica che da ragazzo è stato un suo alunno. Il procuratore ricorda che era un cattivo studente di italiano, ma poi conclude con orgoglio: comunque, italiano o non italiano, eccomi qui, procuratore della Repubblica. Replica il professore: vede, l’italiano non è semplicemente l’italiano; l’italiano è il ragionare; con meno italiano, lei, procuratore, sarebbe arrivato ancora più in alto.
E’ bello poter pensare che con i suoi libri e con i suoi dibattiti, Trame abbia incentivato e incentivi “l’italiano”, cioè il ragionare. Naturalmente, l’effetto non è immediato. E, sicuramente, con meno ragionamenti, chi vuole usare scorciatoie arriva anche molto in alto. Per questo, il lavoro del festival che non si limita solo ai giorni di giugno, ma che prosegue tutto l’anno nelle scuole di Lamezia con incontri e studio di libri sulle mafie, non può impedire lo scioglimento del Comune o la palingenesi del sistema di malaffare di Lamezia Terme e della Calabria.
Trame scava nel profondo, produce effetti che avranno luce, forse, tra molti anni. Lavora sulle radici, sulla coscienza, sulla cultura che non è un dato misurabile in mesi e in giorni, ma sul tempo lungo delle generazioni. Nell’immediato, se proprio si vuole tracciare un bilancio, Trame è raccontato dalle sue piazze piene di pubblico che consentono a chi si sente solo e isolato di trovare una comunità di riferimento. Nell’immediato, Trame è uno delle poche manifestazioni culturali della Calabria che riesce a superare il “cono d’ombra” che grava su questa regione, soprattutto nel racconto dei suoi aspetti positivi e propositivi. Nell’immediato, Trame è la fotografia di una terra che resiste e vuole esistere con dignità e coraggio. E non è poco.

di Gaetano Savatteri