La cozza e lo scoglio, una perfetta metafora del rapporto tra criminalità organizzata e società civile. Tra criminalità organizzata e borghesia. Tra criminalità organizzata e istituzioni. La metafora è di Francesco Barbagallo, autore del libro Storia della Camorra (Laterza) e ospite a Trame Festival con, il procuratore aggiunto della Repubblica a Catanzaro, Giuseppe Borrelli.
Chi crede di non aver a che fare con la mafia, che “non sono cose che lo riguardano”, con la mafia ci convive. “Suo malgrado?”, chiede Raffaella Calandra, giornalista di Radio24, moderatrice dell’incontro. Il rapporto tra classi dominanti e mafia esiste, spiega Barbagallo. La mafia, per come già la raccontava Pasquale Villari, intreccia criminalità e società civile. Se una casa oggi a Napoli costa più che a Manhattan è perché la camorra droga il mercato e chi ne beneficia è la borghesia. Sono i proprietari di case. Mafia e borghesia coesistono. È una coesistenza che giova a entrambe le parti. Una convivenza che diventa connivenza. Come il caso della sanità in Calabria dove, nonostante gli ingenti stanziamenti, esistono ospedali come quello di Vibo Valentia che per le loro carenze vengono definiti “ospedali da campo”.
Esiste una pacifica coesistenza, dice Borrelli, tra malavita e borghesia, con vantaggi per entrambi e il problema è prima di tutto culturale. Nessun cittadino può astenersi. Nessun cittadino può permettersi di scegliere una posizione di neutralità. La neutralità equivale a un peccato. Bisogna sapere e dichiarare da che parte si sta, e la borghesia non lo fa. Un esempio eclatante è il problema dei rifiuti di Napoli. Un problema la cui responsabilità è imputabile alla camorra. Ma non solo, dice Barbagallo. Responsabili, accanto alla camorra, sono le imprese e gli enti locali del Nord che nei clan camorristici trovano ottimi “compagni” con cui fare affari. I prezzi che fanno i camorristi per smaltire i rifiuti nella “Campania Felice” sono sette volte inferiori a quelli dei comuni. Un problema imputabile alla camorra. Ma non solo, continua Barbagallo. Le pene per reati ambientali in Italia sono ridicole e chi fa le leggi non fa nulla per modificarle. La Camorra, dunque. Ma non solo.

Alla base del rapporto tra criminalità organizzata e società civile, Barbagallo e Borrelli sono della stessa opinione: esiste una falsa percezione. Non è vero che la criminalità organizzata porta beneficio economico alla gente. La criminalità organizzata è la prima causa del dissesto economico in cui versa il Sud. La svolta secondo Barbagallo sono stati gli anni ‘70, con l’inizio della globalizzazione e la fine degli investimenti produttivi al Sud. Il risultato è che oggi a Napoli, dice Barbagallo senza mezzi termini, domina la camorra. E non lo Stato. Il 50% degli esercizi commerciali è in mano alla camorra. Tutti ne sono coscienti anche se non si può dimostrare, perché al soldo dei camorristi ci sono fior di consulenti che sanno come cancellare le tracce e pulire i soldi. La fine degli aiuti al mezzogiorno, continua Borrelli, la chiusura delle fabbriche e la mancanza di posti di lavoro, ha fatto si che la ‘ndrangheta in Calabria offrisse occasione di lavoro che l’impresa legale non riusciva più a offrire.

È questo definibile sviluppo?
No, perché un’imprenditorialità che non ha concorrenza non ha necessità di migliorare e di espandersi.
No, perché non solo non crea sviluppo, ma uccide la possibilità delle imprese legali di crearne. Col consenso tacito della politica.

Oggi, chiude Barbagallo, se la nostra criminalità organizzata si infiltra in tutte le attività economiche, non più solo la prostituzione, le scommesse, il contrabbando, se la nostra criminalità ed è la prima del mondo, prima di quella russa e di quella cinese, è perché ha alle spalle e non solo persone a cui fa comodo.

l.f.