La Capsula del tempo nella storia di mafia

“Giorni di mafia” il testo di Piero Melati presentato da Bianca Stancanelli a Trame.7. L’autore nella sua opera racconta una parte della storia politica e istituzionale dell’Italia molto spesso taciuta. Uno scritto diretto, incisivo perché l’esigenza è quella di narrare storie minute, piccoli frammenti del passato che insieme congiungono i pezzi. La mafia vista come fenomeno culturale, trattato e descritto. Cento sono per l’esattezza i giorni raccontati, difficoltà, misteri ancora oggi irrisolti, che partono dal 1950 fino alla morte di Provenzano. Giorni, mesi, anni che consentono all’autore di delineare una storia di mafia che ha segnato e generato una ferita in Italia e di cui ancora oggi se ne sentono gli effetti. «Perché – dice l’autore – ci sono passaggi storici che non consentono di cogliere il bianco o il nero, ma non si può comprendere la storia senza studiare quella dell’apparato statale».
Il libro di Melati ha anche uno scopo sociale, quello di divulgare informazioni rimaste nel dimenticatoio. Un esempio è il caso del piccolo Claudio Domino, undicenne ucciso durante il Maxiprocesso. Il movente del suo assassinio si potrebbe individuare o nel coinvolgimento della propria famiglia nella gestione di un appalto di pulizia, oppure nel caso di Serafina Battaglia, vedova di un mafioso che ha denunciato gli omicidi del marito, senza trovare “conforto” nella giustizia. Dettagli intrisi di un mistero che ha generato la consapevolezza che “non c’è conciliazione tra noi e la verità, riconducibile anche ai professionisti dell’antimafia che muovono i loro passi con prudenza, scadendo e irrigidendosi, talvolta, in “schieramenti rassicuranti”,  generando un «marchingegno della storia mafiosa che è diventato il teatro dei pupi della retorica». «Eppure – conclude Melati – l’immagine preoccupante è quella di un “fenomeno invisibile e pazzesco” che si insinua nelle istituzioni e andrebbe narrato con maggiore obiettività».