«Noi  italiani,  oggi,  siamo  culturalmente degradati, cioè  corrotti.  Il linguaggio, la  condotta,  il  pensiero,  il  gusto,  ciò che  si  coagula  nel  termine  ‘civiltà’  oggi in  Italia  è  deteriorato,  rovinato  come un  pane  bianco  caduto  a  terra».

Nella sua appassionata  denuncia,  Vittorio V.  Alberti affronta alla radice  la piaga  originaria  che  consuma  la  società italiana  e  mina  alle  basi  qualunque prospettiva  di  progresso  civile.  E la  radice va  ricercata  proprio  in  una  cultura che  disprezza  il  merito,  la  riflessione, la  ricerca  della  bellezza  in  nome  di miopi  interessi  personali  o  di  gruppo. È  contro  la  cultura  della  mafia  e  della corruzione  che  è  indispensabile  battersi, come  sostengono  nel  saggio  introduttivo il  procuratore  della  repubblica  di  Roma,  Giuseppe  Pignatone,  e nella  postfazione  il  fondatore  dell’associazione Libera,  don  Luigi  Ciotti. «La corruzione e la mafia sono simboli maledetti  di  questa  grande  corruzione culturale,  sono  bruttezza.  Per ricucire un futuro la strada è nel  passato, nel  nostro  patrimonio,  che  è  bellezza. Ecco  l’idea:  la  potenza  culturale  italiana per  combattere  la  corruzione  e  le mafie.  Il  patrimonio  di  intelligenza  e bellezza,  che  è  il  nostro  valore,  la  nostra identità,  è  nostro  e  nessuna  forza oscura  può  togliercelo  a  meno  che  non glielo  lasciamo  fare,  come  spesso  avviene per  nostra  colpa».

 

 

Il libro

Pagina tratta da: Pane sporco

Autore: Vittorio V. Alberti

Editore: Rizzoli