Maria Serraino, a Milano, era chiamata La Signora. Più del marito Rosario Di Giovine o dei figli, era lei a gestire il traffico di droga in zona Piazza Prealpi tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Era scappata dalla Calabria perché la sua famiglia non aveva accettato che si fosse fatta mettere in cinta da una guardia carceraria, da cui aveva avuto il primo di tredici figli: Emilio.

“Tra mafiosi si dice che non bisogna mai fidarsi degli ibridi perché in loro c’è il gene del tradimento”, spiega l’esperto Enzo Ciconte durante la presentazione del libro “Confessioni di un padre. Il pentito Emilio Di Giovine racconta la ‘ndrangheta alla figlia” di Ombretta Ingrascì, edito da Melampo. Forse per questa ragione, Emilio non fu mai affiliato al clan pur avendo grandi doti da leader. “Sapeva attirare a sé le persone e si faceva in quattro per i propri uomini. Lui la chiamava generosità, io credo fosse piuttosto strategia organizzativa”, aggiunge Ciconte. Ombretta sembra quasi affascinata quando racconta le mirabolanti evasioni o le avventure amorose di Emilio: “Una volta si innamorò di una modella olandese conosciuta sul volo Barcellona – Zurigo. Poco tempo dopo, scoprì che era la figlia di un importante trafficante d’armi. Decise di rimanere in contatto con lei anche al termine della relazione perché gli tornava utile”. È dall’arsenale del clan Di Giovine, infatti, che si riforniscono negli anni Ottanta le famiglie ‘ndranghetiste De Stefano e Condello-Imerti per regolare i loro conti. Nei primi anni Novanta scatta l’operazione Belgio per cui Emilio, sua madre e circa altre novanta persone finiscono in carcere.

Emilio Di Giovine decide di diventare un collaboratore di giustizia nel 2003, dopo aver ricevuto dalla sua ultimogenita una lettera in cui si lamenta di sentirsi orfana. “La sorella Rita mi giurava che da lui non avrei mai saputo niente, ma l’istinto paterno l’ha portato a parlare”. Ombretta Ingrascì, nel libro, lo lascia parlare in prima persona della sua vita: da bambino rimescolava il sangue caldo del maiale appena squartato, i suoi lo chiamavano irriducibile; ora è l’infame della famiglia.