“La spoliticizzazione, connessa al primato del neoliberismo, ha modificato lo scenario antropologico della Napoli contemporanea e dell’Italia intera, dando vita a un specie di neoplebeismo qualunquista che si lascia blandire unicamente dalla rappresentazione del proprio stile di vita e della propria mentalità collettiva”. Con queste parole introduttive di Marcello Ravveduto inizia “Mafia Sound”, libro in cui Daniele Sanzone racconta la forte presenza della Camorra nel musica popolare napoletana nell’incontro ospitato nella quinta edizione del Festival Trame.

Percorrendo un vero e proprio viaggio nella storia della musica e della criminalità organizzata degli ultimi quarant’anni, Sanzone cerca di rispondere a una domanda, ricordata anche dal giornalista Sandro Ruotolo nel corso della presentazione: perché la musica napoletana non ha mai preso posizione contro la Camorra? La conversazione fra Sanzone e Ruotolo si trasforma quasi istantaneamente in una discussione (più in napoletano che in italiano) tra due conterranei, che va oltre il tema del libro, e sfocia in una riflessione sulle cause profonde del consenso della Camorra a Napoli. “Ad un certo punto, quando ero ancora studente di filosofia, mi sono reso conto che la mentalità camorristica era dentro di me”, risponde Sanzone. Alla domanda di Ruotolo sulle colpe degli artisti napoletani accusati di favorire la diffusione di una cultura camorristica, l’autore risponde con queste parole: “È una cultura con cui hai a che fare da sempre e alla fine ti entra dentro. Per quanto riguarda la musica, penso che se un artista fotografa la sua realtà, non fa apologia di Camorra, ma neorealismo”.

Le foto di Mario Spada per Trame Festival