Interpretato da Salvo Piparo, Costanza Licata e Rosamaria Enea, Buttanissima Sicilia, “uno spettacolo di grandi artisti” lo definisce il regista Pietrangelo Buttafuoco, “un teatro incivile, che si permette di smontare una falsificazione: l’immacolata bandiera della lotta alla mafia che ha costruito in Sicilia uno squallido sistema di poteri”.

La mafia e la mafia dell’antimafia rappresentati come personaggi contendenti dell’opera dei pupi. Una Sicilia che sprofonda dietro la metafora della rivoluzione, dove chi critica è accusato d’omofobia, d’essere mafioso, d’attentare alla Costituzione. Per Sottile è “un teatro di stampo palermitano”, ma “con uno stile cucito addosso attraverso gli sberleffi, l’ironia, anche surreale”. Il divertimento si fa strumento di denuncia per abbattere muri politici impenetrabili, come fecero Peppe Schiera e Salvo Lima. Buttare giù muri, proprio come Piparo, che non esita a rompere la quarta parete e a fondersi col pubblico. “Che bella la Sicilia, che grande ammirazione, ad ogni elezione sforna menti d’eccezione, isola isolata dove i macellai non macellano e i panettieri non panificano” recitano gli attori-musicisti. E ancora, con sperimentali giochi di parole, “c’è una crisi culturale, per comprare un kg di Racine o un grappolo di Pessoa mi sento preso per l’Epicuro, al fruttivendolo ci dico “Ma va Kafka” e me ne lavo le mani”.

Giuseppe Sottile, Gaetano Savatteri e Pietrangelo Buttafuoco Luigi Lo Cascio e Gaetano Savatteri a bordo della Mehari di Giancarlo Siani (foto di Mario Spada)

Il divertissement cela però amare note: “in Sicilia, se non ti comporti come dicono loro, ti isolano. Da noi gli eroi servono morti”. Buttafuoco si sente di dire grazie al teatro, con i suoi entusiasmi, la gioia e la rabbia e consegna a noi spettatori un grande insegnamento: l’importanza d’esercitare lo spirito critico. In questo, ricorda, il teatro è un indispensabile mezzo: “laddove molto spesso il giornalismo e l’analisi politica non possono arrivare per leso conformismo, grazie al teatro si può giungere a dire l’indicibile”.