Camilleri diceva, qualche anno fa, che ciò che realmente ci manca di Leonardo Sciascia non sono i suoi libri, che rimangono, ma il suo sguardo sulla realtà. In anteprima nazionale a Trame.9 “Intervista Impossibile a Sciascia”di Gaetano Savatteri e Gigi Restivo e Giovanni Taglialavoro, con Ninni Bruschetta e Lara Cannavò; regia di Giuseppe Dipasquale e prodotta dalla Fondazione Trame.

Oggi la tomba bianca dello scrittore siciliano, nel cimitero di Racalmuto, è macchiata da una frase solitaria: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”.

Sul palco c’è una scrivania, girata dalla parte del pubblico. Nella macchina da scrivere, circondata da giornali, c’è un foglio del Trame News con in prima pagina il titolo dello spettacolo. 

La rappresentazione inizia con una serie di foto raffiguranti lo scrittore e con l’audio della notizia della morte di Borsellino, seguito dall’assoluzione di Andreotti, riguardo al processo per collusione con la mafia, poi l’arresto di Riina, l’attentato dell’11 settembre, la voce di Berlusconi, di Grillo e di Salvini che si confondono e si sovrappongono violentemente. 

Entra in scena una donna vestita di rosso che accarezza la scrivania. “Da oggi siamo tutti più soli” – dice – e così si comincia a parlare dell’assenza di Sciascia.

Una solitaria richiesta d’aiuto: “Cosa avrebbe detto Sciascia di ciò che succede oggi?”. Sullo sfondo, nello schermo in bianco nero, si stagliano i primi piani degli attori, Ninni Bruschetta e Laura Cannavò. Il primo interpreta Sciascia, ed entra in scena a passo lento completando la citazione delle sue parole, un monito contro il fascismo. Comincia il dialogo tra la giornalista e Sciascia, un dialogo a tratti amichevole e a tratti specchio di incomunicabilità, che va a indagare sulla personalità e sul pensiero dell’autore siciliano, cercando di non distorcerlo e di rendergli giustizia.

Se sono stato uno scrittore lo devo al mio essere antifascista“: con questo inciso si apre il discorso sul fascismo fatto da Sciascia, che critica la sinistra per la sua doppia morale per cui l’uomo di destra sbaglia sempre. Convinzione che è, a suo parere, uno dei semi che hanno causato “il cattivo raccolto” dei partiti di sinistra ai giorni nostri.

La sinistra è una delle protagoniste del discorso teatrale con una critica acuta e diretta che diventa anche autocritica. Le parole dello scrittore siciliano navigano tra i ricordi del passato e la consapevolezza del presente, guardano alla Sicilia e all’Italia “senza nostalgia” ma soprattutto senza amnesie selettive.

L’Italia è un paese disperatamente mafioso” o “per la mafia io sono stato un imbecille innocuo, la mafia è troppo seria per prendersi cura degli scrittori.” Sono frasi controverse, 

ma l’abilità di scrittura degli autori si vede proprio in questo, nel non voler spogliare Sciascia delle sue sfumature controverse e meno condivisibili.

La grande malattia nei nostri tempi è l’indifferenza” riecheggia Gramsci in queste parole Sciasciane, che ci riportano a riflettere sul senso dell’attualizzazione.

I temi sono da secoli sempre gli stessi, ci sono valori che non possiamo dimenticare, ma non possiamo neanche distorcere le parole altrui a nostro piacimento, per alimentare la nostra convinzione di essere nel giusto. Dalla raffigurazione teatrale si evince  lo Sciascia politico, ma anche il maestro e il poeta, che riesce a volare con leggiadria e fluidità tra il Don Chisciotte e la classe dirigente come se fossero la cosa più vicina al mondo.

Si cita la grande storia della Sicilia, dalla sua cultura giovanile e dei mostri sacri come Bufalino. Si citano punti di riferimento che non abbiamo più ma dei quali, come dimostra questo spettacolo, sentiamo ancora la forte necessità.

Sciascia non si rifiutava di parlare di quello di cui i giornalisti non volevano parlare, seguiva sé stesso e non le voglie dell’opinione pubblica, era l’antitesi della “Bestia” di Salvini.

Forse Sciascia è sempre stato inadeguato a certi tipi di intervista, ma non perché non fosse capace di rispondere, semplicemente perché non aveva toni adatti alle accuse, sicuramente non avrebbe mai potuto partecipare ad un talk show. Perché Sciascia va ascoltato, la sua politica è inframezzata da una poesia che abbiamo perso.  Perché Sciascia credeva in una politica morale, il contrario di una politica utilitaristica che è ormai d’interesse anche a livello popolare.

La morte non è terribile per non esserci più“, conclude il simil-Sciascia, è terribile per spettacoli come questo che gli mette in bocca nuove parole, perché si è soggetti a distorsioni. Quest’affermazione non fa che riconfermare e esplicitare il senso di consapevolezza insito nello spettacolo, forse uno dei suoi maggiori punti di forza, insieme alla sua natura disperatamente poetica. È un ricordo che assomiglia a un grido d’aiuto.

Non possiamo più avere Sciascia come punto di riferimento nel presente, perché Sciascia, eterno nella letteratura e attuale nei massimi temi, è morto da 30 anni. 

L’Italia è cambiata, siamo cambiati anche noi. Sciascia non può più guardare e analizzare la nostra realtà, noi sì. Dobbiamo solo accorgercene. Cala il buio. L’ultima frase la dice Sciascia, quello vero. L’unico, irripetibile, inimitabile, eterno e purtroppo ancora tragicamente attuale.

Un giorno, caro Sciascia, speriamo che non tu non debba più avere paura di noi. 

Nella sera finale di Trame, sicuramente, avrai potuto tirare un sospiro di sollievo, ti abbiamo voluto ricordare con tutte le tue controversie, facendo tesoro anche di quelle.

Costanza Fusco