Si torna a parlare dei Casamonica. Questa volta a narrare la storia del clan sono stati Floriana Bulfon autrice di “Casamonica, la storia segreta. La violenta ascesa della famiglia criminale che ha invaso Roma”, il direttore della DIA Giuseppe Governale e lo storico britannico John Dickie.

Uno degli ultimi eventi che ha riportato il clan all’onore della cronaca è stato il blitz delle forze dell’ordine nella loro roccaforte di Porta Furba e la demolizione delle ville abusive da parte dello Stato, che li ha definitivamente posti sotto i riflettori dei media e dei politici. 

Ma i Casamonica operano a Roma fin dagli anni Settanta, da quando hanno affermato il loro potere sui quartieri sud-orientali della città: oltre a Porta Furba, Vermicino, Tor Vergata, Cinecittà, Quadraro, Tor Bella Monaca, fino al confine dell’autostrada per Napoli.

Il libro della Bulfon, da lei stessa ha definito “un atto d’amore per Roma”, è un documento giornalistico che descrive una realtà nascosta delle periferie della Capitale, testimonianza diretta dell’autrice che è riuscita, non senza minacce, ad infiltrarsi nel loro territorio e a conoscerli di persona. 

I Casamonica sono sempre stati visibili e al contempo invisibili. Ostentavano un lusso esagerato, dietro al quale c’è sempre stato un sistema criminale consolidato. La svolta investigativa è avvenuta quando lo Stato ha iniziato a vederli come un’associazione per delinquere di stampo mafioso, poiché controllavano gran parte del territorio sud-est di Roma. Inizialmente, negli anni ’50-’60 il clan si stabilì nelle campagne, dove con una “grossa colata di cimento” e “con un’edilizia selvaggia” i Casamonica hanno portato la città nelle zone periferiche, non il contrario come si è soliti pensare.

L’ascesa è concisa con il declino della Capitale. Sono riusciti a far crescere il potere nelle zone abbandonate. La loro forza si basa sulla famiglia, che può contare anche su donne forti e spietate come Liliana Casamonica. Iniziano la carriera da criminali recuperando i crediti per Enrico Nicoletti, cassiere della Banda della Magliana (Secco di Romanzo di Criminale), diventando a loro volta degli strozzini. Imparano dalle altre mafie e accrescono il potere grazie ai soldi dell’usura. Le vittime che cadono nella morsa dei “cravattari”, non hanno alternativa se non quella di pagare perché rivolgersi allo Stato è quasi inutile. 

Secondo Governale «le organizzazioni mafiose ci hanno trasmesso un imprinting: quello di abbassare la testa». Ora è difficile sradicarli dal loro territorio. «L’unica via d’uscita è uno Stato serio che fa una lotta seria», conclude il direttore della DIA». 

«Come si racconta la Roma oggi?» – chiede in chiusura Dickie. «La Capitale è un grande mercato per tutte le mafie, dove ci sono circa cento piazze di spaccio, dove si ricicla il denaro sporco e dove esistono mediatori come Massimo Carminati», risponde la Bulfon.

Ormai l’interesse della mafia esula dagli atti di mera violenza e si concentra nel fare affari in silenzio cercando di contaminare i mercati leciti. Le mafie si istaurano là dove mancano i diritti e Roma, avvolta nella nebbia per troppo tempo, è attualmente il terreno più fertile per la criminalità organizzata. 

Valerio Bucciaglia 

Myriam Zangari 

il VIDEO

intervista a Giuseppe Governale