«Noi abbiamo un debito verso l’Aspromonte e io per sdebitarmi ho dovuto parlare di una storia di male che fa da sfondo a un concetto più ampio di bellezza intatta».
Così, a piazzetta San Domenico, Gioacchino Criaco ha introdotto il suo ultimo romanzo dal titolo Il Saltozoppo nell’ambito dell’incontro intitolato “La Calabria magica”. A coordinare la presentazione Francesco D’Ayala giornalista del GR Rai.
Una favola nera che descrive una Calabria sospesa fatta di “stupide case non finite, cresciute alla rinfusa dove un tempo c’era un mondo da favola.”
Il Saltozoppo è un libro di denuncia inusuale che vuole raccontare la bellezza dell’Aspromonte “madre di tutti noi, donna incantevole” soffermandosi sulla decostruzione del mito della forza indissolubile della ‘ndrangheta. Criaco abbandona il maschilismo che ha permeato Anime nere, spostando la narrazione verso il mondo femminile; quello delle donne, figlie di una madre incantevole e non malvagia, l’Aspromonte appunto.
«Abbiamo vissuto un senso di colpa verso questa grande madre. Questo posto, così come ce lo hanno raccontato, è diventato la sede della cattiveria. Il luogo non può essere malvagio, è chi lo abita che è cattivo» così l’autore.
Un senso di colpa sempre vivo nelle scelte narrative di Criaco che decide di rientrare in Calabria per mancanza, per non aver fatto i conti con il suo mondo: «Io scappavo dalla puzza di capra. Quei luoghi per me erano visti come luoghi di fatica; ho scoperto che la bellezza era diventata l’unica protagonista. Nei miei romanzi ho raccontato le storie dettate dai luoghi, dalle rocce, dalle forme. Quel paesaggio per me era un’intera costellazione».
L’attenzione dell’incontro si è poi spostata su un concetto ricorrente, un leitmotiv del libro; il fato.
«Con Anime nere non volevo parlare al mondo ma a noi, protagonisti di questo luogo al centro dell’Europa. Un luogo per tanto tempo abitato da pastori e che ha visto nascere il male dagli anni ’70 in poi. Questa generazione nasce con la consapevolezza di poter forgiare il proprio destino spinto da un rancore covato da secoli. Questa nuova stirpe ha poi scoperto a sue spese come il fato sa accanirsi contro i suoi componenti. Forgiare il proprio destino verso il male ha distrutto la strada di queste persone».
Criaco racconta Africo, racconta la sua gente, racconta quegli anziani che parlando di storie millenarie hanno risvegliato in lui un senso di appartenenza vivo ma sopito. I personaggi del suo romanzo sono nati attraverso il ricordo di storie millenarie.
«Per me la letteratura è stata una liberazione. Solo attraverso la riscoperta di noi stessi, delle nostre radici, potremmo liberarci. Può mancare tantissimo ma anche un nulla. Spetta a noi decidere».
L’autore ha poi sottolineato l’importanza del feedback storico-culturale calabrese: «Questo posto era un paradiso perché aperto, senza barriere, con mescolanze di popoli. Era un mondo perfetto perché aperto; un posto per tutti offerto a tutti. Il recupero vero è la cultura dell’apertura verso gli altri».
L’Aspromonte è quindi donna, incarnazione di bellezza intatta e incontaminata, che sa vivere di contraddizioni ma sa reagire, sa riscattarsi, sa rialzare la testa e combattere. La storia di ‘ndrangheta è quindi solo un mero sfondo del puro e assoluto racconto di bellezza che Gioacchino Criaco ha proposto al pubblico di Trame.
Un messaggio universale, un monito teso a far riscoprire la purezza della condivisione delle storie di millenaria bellezza.