Il Teatro Grandinetti di Lamezia Terme ha ospitato, a conclusione della sesta edizione del Trame Festival, Giorgia Salari e Marco Travaglio col suo recital teatrale, “Slurp, Lecchini, cortigiani e penna alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati”. Il direttore de Il Fatto Quotidiano ne ha per tutti, e con la formula della cronistoria, ci ha messi di fronte alla vera immagine dell’Italia di oggi: un paese senza una propria identità, facilmente corruttibile. In maniera leggera e ironica ha fatto notare come negli anni abbia preoccupato di più il Rubygate piuttosto che lo scandalo P2, o il lodo Alfano sconosciuto, tra l’altro, a molti. I mass media omologati come se fossero in una stessa gabbia, con sfondo un regime che vuole cittadini sempre più assenti e felici di vivere nell’ignoranza, che fanno cadere la propria scelta elettorale un anno per un partito e l’anno successivo per quello opposto. Da Prodi a D’Alema a Veltroni, da Craxi a Berlusconi, non sono cambiate tanto le cose.
Un musical da piangere e ridere perché in fondo nessuno ne esce bene, la bravura di Marco Travaglio è proprio qui: descrivere una realtà preoccupante lasciando il pubblico sorridente. E così si susseguono foto e letture d’articoli di giornale, dove si ripercorre l’Italia con personaggi come Monti o Elsa Fornero, colei «che ha più scorta del giornalista Roberto Saviano». E poi una carrellata di affermazioni di Berlusconi tipo: «I comunisti sotto la Cina di Mao non mangiavano bambini; li bollivano per concimare i campi» con giornalisti descritti come missionari che lavorano per salvarlo almeno dal punto di vista linguistico. Battute, quindi, e doppi sensi. Tra quelli finiti sotto il mirino del saggista torinese, anche Giorgio Napolitano, al suo secondo mandato presidenziale a 88 anni, messo a confronto con Papa Benedetto XVI, papa dimissionario a 86 anni; un paragone che magari ha poco d’ironico, tutti i politici, da destra a sinistra, difendono la loro poltrona e il modo in cui lo spiega Travaglio fa sì che emerga ironia da ciò che in realtà è desolazione. Finito lo show si torna alla realtà, e il messaggio di Travaglio è molto importante e va letto in ogni sua parola, in ogni aneddoto o articolo: possiamo e dobbiamo decidere se convivere con la corruzione, con una politica che fa gli interessi di pochi, se seguire una cattiva o comunque incompleta informazione, oppure rimboccarci le maniche e diventare teste pensanti e cittadini attivi. Perché la vera sfida è una, la consapevolezza: decidere se continuare a vivere nella paura o come pecore col capo chino, oppure alzare la testa in difesa della propria libertà, sviluppando la giusta coscienza critica, perché è la verità a rendere liberi.
L’intervista