“Chi cerca di minimizzare Mafia Capitale è in malafede per convenienza: tutto questo è inaccettabile. La mafia a Roma non l’abbiamo certo scoperta oggi”. Lo ha detto Michele Prestipino, procuratore aggiunto a Roma, partecipando a Trame.5, festival dei libri sulle mafie, in corso a Lamezia Terme fino al 21 giugno.

Prestipino, coordinatore del pool di magistrati che si occupano dell’inchiesta Mafia Capitale, pur senza entrare nel merito dell’indagine e delle attuali polemiche sulle dimissioni di Marino, ha usato parole chiare.

“Mi sconcerta lo stupore di chi sembra accorgersi solo ora della presenza della mafia nella Capitale – ha detto il magistrato – qualcuno sembra aver dimenticato che a Roma, sin dagli anni ’70, è stata presente la banda della Magliana, i cui rapporti con Cosa nostra sono stati dimostrati. C’è perfino una sentenza che condanna alcuni affiliati alla banda della Magliana per associazione mafiosa. Non è un caso, dunque, che Massimo Carminati, uno dei protagonisti della nostra inchiesta, provenga proprio da quel passato criminale. Inoltre, in tempi più recenti, numerosi tribunali del Lazio hanno comminato pesanti condanne, peraltro già passate in giudicato, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso”.

“Certo – ha aggiunto Prestipino – Roma non è Reggio Calabria né Palermo, ma paradossalmente è più semplice prendere le distanze dalla mafia e dai mafiosi in Calabria ed in Sicilia, dove di mafia si parla da decenni, piuttosto che ai Parioli.  Capisco che è difficile accettare di convivere con la mafia sullo stesso pianerottolo, ma chi a Roma fa finta di non capire è in perfetta malafede”.

“C’è una sorta di ritrosia culturale ad ammettere la presenza della mafia” ha aggiunto Prestipino. “A Roma si sta verificando più o meno quello stesso fenomeno che è successo nel sud e che ha caratterizzato l’esperienza nel nord del nostro paese. Non è ammissibile questo atteggiamento di negare quello che è stato già riconosciuto. Tutti sono d’accordo dal prendere le distanze dalla criminalità comune. La mafia invece è qualcosa di più coinvolgente ed avvolgente perché se io faccio l’attività di impresa sotto l’ombrello protettivo di qualcuno, vinco più gare di quello che invece sta sul mercato secondo le regole. Il problema è questo: c’è un pezzo di società che con la mafia ci mangia”.

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