un film sulla storia di Federica Angeli

Sono passati sei anni da quando la giornalista di Repubblica Federica Angeli vive sotto scorta, per le sue inchieste sul mondo criminale di Ostia. Il film “A Mano Disarmata” Nastro d’Argento per la legalità in questa edizione del festival, racconta questa storia al pubblico di Trame.

Solo pochi minuti vengono dedicati alla presentazione del film da parte del regista Claudio Bonivento e della sceneggiatrice Domitilla Di Pietro.

La sceneggiatrice prova a far intuire come, in questa vicenda, ci sia ben oltre quello che si può scrivere e raccontare con le immagini. «Si è adottato un punto di vista femminile, semplicemente improntato sulla sfera personale» dice la Di Pietro. Lo si capisce dalla prima scena, collocata in un tempo staccato dall’inizio della storia: una donna, preoccupata per il figlioletto portato in ospedale, è costretta ad attendere una scorta che non arriva e sceglie di anteporre la famiglia alla propria sicurezza.

Il film inizia con la chiusura o le continue richieste di pizzo a ristoranti, bar, pizzerie e stabilimenti balneari di Ostia per mano della famiglia Costa (nella realtà Spada). Una giornalista insospettita dal ripetersi di queste vicende, vuole portare avanti la verità e ne fa un caso d’inchiesta, chiedendo al proprio editore di affidargliela. Gli avvertimenti e poi le vere minacce per tenerla sotto scacco non tardano ad arrivare, e più si va avanti più la cosa diventa pericolosa e incontrollabile. «Qua se fa caldo o freddo lo decidiamo noi» afferma sicuro uno dei boss, rapresentati nel film. Tutto diviene un susseguirsi di scelte e conseguenze, il primo a temerle è il marito – preoccupato per la sicurezza dei figli – che non approva la scelta della moglie, giornalista di professione. Federica Angeli sceglie di denunciare, poi di testimoniare, ed è così che per lei tutto cambia: le viene da subito affidata una scorta che non si aspetta. Molti cercano di dissuaderla, ma lei trova il coraggio di portare avanti la lotta in cui ormai si trova dentro. «Io penso di aver fatto la cosa giusta» afferma la protagonista della storia, ed è impossibile non prestare attenzione alle sue parole, a certe scene, a certi termini usati contro di lei, ai dialoghi e toni scelti dal regista e dalla sceneggiatrice. «Io sono obbligata ad essere forte. Non posso andar via o tutto andrebbe sprecato» dice dispiaciuta per la sofferenza che provoca a chi le sta vicino, mentre si intravede il dolore in cui è avvolta. Un fatto particolare descrive come tutto sembra essere iniziato la notte del 16 luglio 2013. Si sente una ragazza gridare in strada e in molti si affacciano sui balconi per vedere cosa stava accadendo, quei balconi, però, si sono chiusi uno ad uno. Scena riportata anche nel film, ma ciò che davvero conta è che davvero tutti hanno chiuso gli occhi, ma non Federica. Basterebbe un fermo immagine sul volto di Claudia Gerini, che interpreta la giornalista nel film, per porre l’attenzione sulle sbarre che la dividono dalla sua famiglia. Forza, coraggio, dolore e solitudine, questo film riporta tutto questo e non è difficile coglierne la grande professionalità di un regista pluripremiato come Bonivento. La scrittura dei due personaggi quali Massimo, il marito, e la stessa Federica Angeli risultano molto efficaci. Due personalità che si contrappongono, ma che ne escono entrambi a testa alta. La penna della sceneggiatura di Domitella Di Pietro riesce a dare un tocco di sensibilità in più al personaggio femminile, riuscendo a tratteggiare in maniera velata la sua vera indole da eroina di Federica, che fin da piccola sognava di raccontare solo la verità.

La vicenda di Federica e si chiude con il processo al clan degli Spada e a tutti coloro che sono finiti dietro le sbarre, al posto di chi dietro le sbarre ci si è sentita per sei lunghi anni.

Emanuela Chirico

intervista a Claudio Bonivento

intervista a Domitilla Di Pietro