“Ringrazio il direttore artistico Gaetano Savatteri che ci ha dato la possibilità di scovare vecchie canzoni, vecchi testi, storie che i libri non ci potranno mai insegnare”. Con queste parole Mario Incudine ha chiuso la seconda serata di Trame.8 a margine de La Terra è di cu la travagghia, spettacolo realizzato con Moni Ovadia e presentato a Lamezia Terme in anteprima nazionale, come frutto del laboratorio con attori e musicisti del territorio, che nei giorni scorsi si è svolto nella sede del Civico Trame.

“Sono cambiate poche cose. La storia si ripete. – continua Mario Incudine – Raccontiamo queste storie di mafia affinché siano monito per le prossime generazioni. In Italia stiamo passando finalmente da una cultura del “non vedo, non sento, non parlo”, a quella del “vedo, sento e parlo”.

Sono gli strumenti a fiato, a corda, le percussioni, insieme all’estro di Moni Ovadia e alla musica di Mario Incudine a trasportare gli spettatori in quella profonda cultura siciliana di lotta e sofferenza raccontata dallo spettacolo: i canti contadini ricreano le ansie e i mali di un popolo che non sa darsi pace per l’uccisione di alcuni dei suoi uomini migliori.

In scena si rievocano le occupazioni delle terre, le battaglie per l’emancipazione dei contadini in Sicilia, il profondo lamento meridionale riproposto attraverso le stridenti note di Terra ca nun senti, scagliate contro una terra accusata di creare orfani di casa.

Con la disperazione nelle baraccopoli di San Ferdinando e un omaggio a un altro sindacalista da piangere, Soumayla Sacko, si conclude lo spettacolo. “È l’inferno dei nuovi schiavi”, tuona Moni Ovadia. La chiusura vibrante ed energica intona: “Italia guarda questi figli tuoi che, ammazzati, diventano eroi”.