Intensa e piena di valore la conversazione avuta al Chiostro San Domenico tra Cesare Martinetti (La Stampa) e Salvatore Striano, attore e scrittore che nella lettura e nel teatro ha trovato il suo riscatto.
L’incontro, denominato “Mi ha salvato Shakespeare”, ha avuto come incipit il triste ricordo del turbolento passato dell’autore de La tempesta di Sasà con un paragone tra le condizioni carcerarie degli istituti spagnoli e quelli italiani, carceri in cui Striano ha passato anni della sua prima vita.
«Le carceri italiane sono delle giungle» ha detto Striano.

Leggendo alcune pagine del romanzo, Martinetti ha aizzato il fuoco, la tempesta dentro l’animo dell’autore campano.
D’un tratto poi la tempesta cessa e arriva la svolta, dapprima rifiutata da Striano, con l’avvicinamento al teatro. Da lì parte il riscatto dello scrittore, una rivolta verso la propria condizione vitale iniziata nell’unico angolo fantastico del carcere: la biblioteca.
William Shakespeare, l’autore che più ha contribuito a questa svolta.

Salvatore Striano

Salvatore Striano

«Napoli è piena di Amleto, di ragazzi che non sanno cosa fare e come vivere, Napoli è piena di Giulietta e di Romeo, di giovani che non possono stare insieme per vecchie rivalità famigliari». Questa non è vita, queste sono storie che vanno lasciate alla letteratura.
Martinetti ha condotto, infine, Striano al suo messaggio finale, un pensiero che parla del buio che aspetta ogni detenuto una volta uscito dalle patrie galere, un vuoto da cui è difficile venir fuori. Riflessione rivolta all’immobilismo delle istituzioni nei confronti di coloro che riacquistano l’impagabile libertà una volta scontata la propria pena.

l´incontro