“Io non svelo segreti, racconto quello che già si sa”. Così parlava del suo lavoro Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” ucciso dalla camorra nel 1985 per le sue inchieste sul rapporto tra la mafia campana e la politica. “Si impicciava troppo”, hanno detto di lui i pentiti, nel corso di un’inchiesta giudiziaria che solo dopo 30 anni ha portato alla condanna all’ergastolo dei killer di Giancarlo. “Non era un eroe, non è un mito inimitabile, ma un professionista serio che faceva il proprio dovere, che non aveva paura di raccontare la verità: questo significa fare informazione, questo era il giornalismo per Giancarlo Siani”. A parlare del cronista napoletano a 30 anni dall’uccisione, il fratello Paolo Siani, intervistato da Luisella Costamagna nella prima giornata della quinta edizione di Trame.

“Giancarlo era un giovane allegro, brillante, che si spostava con la sua Mehari verde in terra di camorra, animato dalla sua passione per il giornalismo, dal desiderio di ricercare e raccontare la verità”, ha raccontato il fratello Paolo che ha descritto Giancarlo Siani come “l’emblema di tutte quelle persone che fanno il proprio dovere ogni giorno, con passione, onestà, competenza. Non mi piace parlare di lui come un eroe, perché l’eroe rimanda a una figura irraggiungibile: Giancarlo Siani è come i tanti volontari con la maglietta azzurra che collaborano a questo Festival e come i tanti “giovani favolosi” che si sforzano di costruire una società più giusta e onesta” Giancarlo Siani muore nella solitudine di tanti colleghi che lo avevano lasciato solo, vittima dei meccanismi di un’informazione che tante volte ha paura di raccontare la verità e preferisce prostrarsi al potente di turno.

 

Dinamiche che esistono ancora nel mondo del giornalismo di oggi, con tanti giovani giornalisti come Giancarlo ostaggio del precariato e dello sfruttamento. “Anche per questo, per avere un’informazione libera e coraggiosa, bisogna conservare la memoria di Giancarlo e di tutte le vittime delle mafie che hanno dato la vita per un Paese libero dalla cappa della criminalità”, ha detto ancora Paolo Siani ribadendo il ruolo fondamentale del “vero” giornalismo nel denunciare ogni forma di connivenza tra politica e criminalità, nel segnare uno linea demarcazione netta tra la legalità e il malaffare. “I giovani non sono bamboccioni, ma giovani favolosi”, ha concluso invitando “le ragazze e i ragazzi di oggi a guardare all’esempio di giovani come Giancarlo, Peppino Impastato e impegnarsi per costruire giorno dopo giorno un Paese migliore”.