Italiani troppo diversi. Vite scivolate in un isolamento pubblico e istituzionale. Uomini celebrati solo dopo i funerali. E’ la realtà in cui hanno vissuto gli “Uomini soli” protagonisti del libro di Attilio Bolzoni: Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Di questi quattro italiani ha parlato il giornalista di Repubblica con gli studenti dell’Istituto Tecnico Economico “Valentino De Fazio”, nell’ambito delle “Interviste con le storie” del progetto #Trameoff, promosso dalla Fondazione Trame in collaborazione con l’associazione antiracket Lamezia Onlus.

Può un giornalista come Bolzoni, che già da giovane cronista de “L’Ora” di Palermo raccontava i crimini di Cosa Nostra negli anni delle guerre di mafia tra gli anni ’70 e ’80, vivere l’esperienza del carcere? Inevitabile la curiosità degli studenti rispetto all’esperienza vissuta da Bolzoni nel 1988 insieme al collega Saverio Lodato de L’Unità, per aver pubblicato le rivelazioni del pentito Antonino Calderone coperte da segreto istruttorio. “Lo rifarei”, ha risposto Bolzoni agli studenti, riaffermando il valore supremo della libertà di stampa e del diritto dei cittadini di conoscere quel quadro che veniva fuori dalle dichiarazioni dei pentiti. Secondo il cronista “quell’arresto era una sorta di ritorsione, un messaggio trasversale da far giungere a Falcone”.

Incontri personali con i protagonisti del libro ma anche conversazioni “a mezze parole” con il fratello di Riina tra i racconti di una lunga attività giornalistica condivisa da Bolzoni con gli studenti lametini. Che ha lasciato con un messaggio di incoraggiamento: “il cambiamento di questo Paese può avvenire e può partire soltanto dal Sud”.