È il 35° anniversario dell´omicidio di Lucio Ferrami ed in prima fila, nell´aula University del cubo 23C dell´Università della Calabria c´é la famiglia dell´imprenditore assassinato dalla ´ndrangheta che non si é piegato al pagamento del pizzo.
Nella giornata del #TiLeggo a Rende, a porgere il saluto di benvenuto a Marzia Sabella, magistrata sotto scorta, é Alessio Cassano presidente dell´associazione antiracket di Cosenza che porta il nome di Lucio Ferrami.
Presenta agli studenti in sala la donna “che avrebbe voluto fare il notaio” Maria Teresa Morano che modera l´incontro al quale intervengono il Professore Giancarlo Costabile e la Professoressa Rossana Rossi docenti dell´UniCal.
<<Io sono entrata in magistratura nel 1993, subito dopo le stragi. – racconta la Sabella–
in quel periodo eravamo assediati dalle telecamere e tutto il mondo ci teneva d’occhio per capire come si muoveva e cosa faceva la magistratura a Palermo>>.
<<Io facevo cose semplici – dice- all’inizio e mi vergognavo e dicevo di essere un´insegnante di religione. Nel libro Nostro onore. Una donna magistrato contro la mafia lo racconto>>.
<< Era il tempo in cui c´era chi demonizzava la magistratura, ma dopo le stragi, dopo il ’93-’94 le cose cambiarono, la mafia c´era e dopo Falcone e Borsellino lo si sapeva. Per noi magistrati fu più facile e non eravamo eroi>>.
<<Quando scelse Palermo come sede, ci fu un applauso>>, le rammenta Maria Teresa Morano.
<<La Procura di Palermo in quel momento era un luogo sacro. L’applauso era rivolto a questa Procura. All’inizio sono stata caricata di ‘Asini morti’ (scecchi morti a Palermo). Poi inventai un gruppo di lavoro ‘pedofilia’. Dopo iniziarono le richieste di colleghi più grandi, che lavoravano all’antimafia, e mi chiedevano di aiutarli>>.
<<Il suo è un testo eretico per due ragioni: la prima perché descrive fatti a lei accaduti; la seconda perché lei denuncia nel libro i soprusi della mafia>> dice nel suo intervento il Professore Costabile per definire “Nostro onore” di cui la Sabella sceglie di leggere un passo e sottolineare come sia la parola libertà il cardine da insegnare ai più giovani, a cui oggi si rivolge nella sala affollata del cubo universitario.
<<Si tratta di una questione sociale e culturale: se la gente non trova lavoro, se la cultura è diritto di pochi, non si può parlare di legalità. Il rispetto della regola non può essere un’imposizione, ma deve essere qualcosa di naturale, che avviene senza forzature>>.
E finisce tra il materiale didattico che gli studenti <<utilizzeranno nel mio corso>> –dice la Professoressa Rossi – <<affinché i ragazzi interiorizzino le norme e la legalità. Capiscano così che vivere in modo onesto sia all’ordine del giorno e diventi una questione culturale, come lei diceva>>.
Chiude la Sabella con un excursus sui figli dei boss, sulle loro vite “blindate” da un destino che non ha uscita e che non conosce quella libertà di cui prima ha parlato, non tralascia un passaggio sulla <<pagina vergognosa della TV di Stato>> che ha concesso al figlio di Riina di diventare <<famoso grazie all´intervista fatta da Vespa>>.
Racconta delle donne di cui parla nel libro, delle loro vicende e della loro tristezza: <<sono donne libere ma prigioniere di libertà altrui>>.
Uno scambio di battute che riporta l´attenzione sul valore aggiunto della giornata del #TiLeggo in questa sede cosentina:<<Lucio Ferrami avrebbe voluto incontrare nel suo cammino un magistrato come lei>> chiude Maria Teresa Morano.
<< Anche io avrei voluto avere e incontrare un testimone come Lucio>> ribadisce la Magistrata.