Lo hanno colpito alla schiena. Come solo i vili sanno fare.

“Sai chi era Giancarlo Siani?” Me lo chiese per la prima volta Roberto Conte, con quel suo fare apparentemente cinico e distratto, che chi lo conosce impara ad amare, facendomi notare il posto privilegiato della sua libreria in cui aveva posto “Fortapàsc” di Dino Risi e “Le parole di una vita” la raccolta degli scritti giornalistici di Giancarlo Siani, lo stesso libro che Paolo Siani aveva sotto braccio il 17 luglio arrivando a Lamezia Terme per inaugurare la quinta edizione di TrameFestival.

#trame5 “I giovani favolosi” con la Mehari di Giancarlo Siani a fare da guida al viaggio di chi sceglie un posto in piazza per ascoltare e per parlare di mafie, per combatterle con l’unica arma possibile: la Cultura e l’informazione.

Agli occhi è concesso il vedere le idee, come un miraggio dell’anima. Al FARE si deve il rispetto di attuarle, guardarle da lontano e di condividerlo o no.

Da quella domanda distratta in alto a sinistra sul mio desk compare nella barra dei preferiti Giancarlo Siani: Cronista libero, Martire della verità.

Chi era Giancarlo Siani? lo scrissi dopo poco a commento di un servizio di una “tv di strada”, all’indomani di un video girato da Salvatore Sparavigna a Torre Annunziata.

Chi era Giancarlo Siani?

Scrivere. Perché la scrittura  concede dignità alla memoria. Perché le parole sono macigni che imprimo orme pesanti su cui camminare. Indagare la realtà in cui si vive ha lo stesso valore dell’amore per il luogo in cui si abita.

Sdoganare i falsi miti per creare nuove prospettive e concedersi ancora il lusso di sognare.

Conoscere le debolezze di una società e denunciarle, indagarle. Sapere che il suo contrario sono l’onestà, il lavoro pulito, la Politica non inquinata dalle mafie.  Sapere che solo su sul contrario si può costruire il futuro, un futuro libero e che ti concede di non rinunciare ai profumi della terra in cui sei nato.

Ma se la paura supera il senso della memoria e peggio ancora quello del riscatto, se la negazione del sapere e della conoscenza continuano a vincere sul coraggio della parola a chi serve un urlo di parata?  Quanto lontani si è dalla vicina verità dei fatti che raccontava Giancarlo?

Se il rischio rimane un complemento di termine su cui costruire fantastici progetti di “recupero” che a fatica producono benessere sociale, alla domanda ‘Chi era Giancarlo Siani?’ ci sarà sempre qualcuno che non correrà “il rischio”e si coprirà la faccia e si tapperà la bocca.

Però si prova a camminare insieme, a lottare, a chiedere che il lavoro venga rispettato, che nessuno venga a bussare alla tua porta per chiederti “la decima” in cambio di una fantomatica protezione. Nessuno ha il diritto di speculare sulle  giornate passate a guadagnare onestamente la dignità. Perché il lavoro è dignità. È un dovere verso se stessi e verso gli altri.   Ma a quanto pare anche questo è soggetto ad amnesia.

Si prova a far nasce la coscienza civica, l’impegno, la voglia di dire, parlare, scrivere perché gli altri sappiano. Perché lo sdegno diventi collettivo e generi la ribellione a tutte le forme di falsa autorità indiscussa che impedisce al territorio di evolversi e stare al passo con i tempi, generare benessere sociale e lavoro onesto.

Chi era Giancarlo Siani? Era un giovane giornalista precario, intellettualmente libero e onesto. Scriveva per IL Mattino di Napoli, era corrispondente da Torre Annunziata. Giancarlo Siani,  ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985, aveva 26 anni e la voglia di dare dignità e inchiostro alle parole perché amava le sue strade e non si copriva la faccia e aveva il coraggio di credere, perché è questa la vera sfida: credere nel cambiamento.

http://www.lamiastrada.tv/listArticleCollab.php?page=2&ipp=5&idCollab=22&name=maria-pia-tucci

Oggi a Torre Annunziata la Mehari passa dinuovo tra le strade a fare memoria e a far conoscere. E ci si copre di meno la faccia. Per fortuna.

L’ho guardato da lontano Paolo Siani a Trame Festival, l’ho ascoltato da vicino raccontare, seduto con le mani di Guido Scarabottolo alle spalle e rispondere con gli occhi lucidi alla fermezza delle domande di Luisella Costamagna, dopo l’emozione del reading di Luigi Lo Cascio che aveva sciolinato con intensità le parole, ferme negli eventi, di Giancarlo che scavavano nel buio degli affari e delle commistioni tra camorra, politica e mafia.

E mentre scrivo questo sono sul sito di Trame, da ieri, trent’anni dopo quei vili colpi alle spalle, gli atti del processo agli esecutori e mandanti, le condanne di quell’omicidio.

Perché il percorso si arricchisce di Persone e Roberto Paolo, anch’egli ospite a #Trame.5 ha donato alla Fondazione un fascicolo che noi abbiamo digitalizzato e messo online perché tutti conoscano i fatti. Il dopo. Il percorso di una giustizia, fatta o non ancora compiuta del tutto. La storia consegnerà il mancato, se c’è.

Ma alla storia si deve l’atto della condivisione. ed è questo che proviamo a FARE.

Grazie a Roberto Paolo, al suo lavoro che ora è diventato condivisibile. Grazie alla Fondazione Trame, alle intuizioni e alla generosità di chi la compone.

…e tutto mi sembrava andassetra me, le mie parole e la mia anima, in alto a sinistra

Maria Pia Tucci

InAltoASinistra